Le nuove schiavitù dalla “Fiera dell’Est”

L’Europa delle schiavitù. Il Vecchio Continente resta il “meno peggio” sul fronte dello sfruttamento, personale, professionale o sessuale che sia, ma i 566.200 schiavi calcolati dalla fondazione Walk Free (su un totale di 35,8 milioni nel mondo), nei 37 Paesi europei sotto osservazione rimane comunque un dato preoccupante. Una schiavitù che si sviluppa soprattutto a Est. Nella top five, secondo un calcolo basato in proporzione alla popolazione, troviamo la Bulgaria, con lo 0,38 per cento della popolazione in schiavitù, pari a 27.600 persone; poi la Repubblica Ceca (0,36 per cento della popolazione, 37.900 persone), Ungheria (0,36, 35.600), la Serbia (0,36, 25.800) e la Slovacchia (0,36, 19.500 persone).

Secondo la commissione Crimine organizzato, corruzione e riciclaggio (CRIM) del Parlamento europeo, le cifre sarebbero addirittura superiori: 880mila persone sotto sfruttamento nei soli Stati membri dell’Unione europea. Numeri che vanno sempre presi a beneficio d’inventario, perché a sentire il gruppo di esperti del Consiglio d’Europa sulla tratta degli esseri umani, che fornisce perizie alla Commissione europea, gli Stati membri non recensiscono le vittime di schiavitù allo stesso modo. Un caso di sfruttamento professionale ed economico (15 ore al giorno di lavoro in una fabbrica occulta del tessile), spiega il Consiglio d’Europa, può essere considerato dalla Polizia di un Paese semplicemente come lavoro nero, mentre in un altro Stato membro viene classificato come un caso di tratta di esseri umani e schiavitù.

Lo sfruttamento professionale ed economico è ancora molto presente in Europa, anche se per il 70 per cento dei casi, fanno sapere Walk Free e CRIM si tratta di sfruttamento sessuale. Dal 2005, 42 Paesi europei hanno ratificato la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta degli esseri umani, un atto politico in cui i firmatari accettano che ogni 4 anni, 15 esperti indipendenti verificano se gli Stati hanno applicato bene la convenzione stessa. E anche in questo caso, l’Europa non riesce proprio a parlare con una voce sola. Secondo Walk Free, infatti se Olanda, Svezia, Irlanda, Gran Bretagna, Austria e Svizzera promuovono campagne di sensibilizzazione forti e misure efficaci contro la schiavitù, oltre che statistiche e dati credibili, altri Paesi come la Francia non hanno né mezzi né strumenti per analizzare il fenomeno al suo interno e quindi per poterlo contrastare efficacemente. Non è dunque sufficiente dire che l’Europa è la regione meno colpita dalla schiavitù, perché con le risorse economiche a sua disposizione, osserva la fondazione, “potrebbe fare molto di più”.

La domanda che si pone Walk Free è semplice ma inquietante. In Europa, il livello di corruzione è basso, le forze di polizia sono molto competenti e il livello di istruzione è alto: “perché allora ci sono ancora oltre mezzo milione o forse più di 800mila persone ridotte in condizione di schiavitù?”. A livello mondiale, le cifre parlano di un aumento del 20 per cento degli sfruttati rispetto al 2013. Il 61 per cento dei nuovi schiavi, secondo le stime di Walk Free, proviene da soli 5 Paesi: India (14,2 milioni di schiavi, l’1,14 per cento della popolazione), Cina (3,2 milioni), Pakistan (2 milioni), Uzbekistan (1,2) e Russia (1 milione).

Top Five a parte, che abbiamo visto si basa sulla proporzione dell’insieme della popolazione di uno Stato, il primo Paese europeo con il maggior numero di persone oggetto di sfruttamento (28esimo nella classifica totale su 167 nazioni censite) è la Turchia, con 185.500 schiavi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:48