Gaza, missili israeliani contro le postazioni di Hamas

Israele attacca, Hamas non risponde. Mezzi aerei e di terra dell’esercito israeliano hanno lanciato numerosi missili su sei postazioni dell’organizzazione palestinese, lungo la Striscia di Gaza. La notizia è stata diffusa dai media palestinesi citati dal Jerusalem Post. Secondo un portavoce dell’Idf, forze di difesa israeliane, “sono stati attaccati quattro obiettivi terroristici appartenenti ad Hamas nel nord della Striscia di Gaza, compresi edifici e infrastrutture terroristiche. Altri tre obiettivi sono stati colpiti in un impianto di produzione di armi. L’attacco è stato condotto in risposta al fuoco aperto da una mitragliatrice nella città di Sderot e a numerosi scontri a fuoco contro militari dell’Idf durante l’intera giornata”. Per il portavoce israeliano, “l’organizzazione terroristica di Hamas è l’unica responsabile per quello che sta succedendo dentro e fuori la Striscia di Gaza e pagherà le conseguenze degli atti di terrore compiuti da Gaza contro i cittadini e la sovranità di Israele. L’Idf è determinato a continuare le sue missioni e ad assicurare la sicurezza dei cittadini di Israele”. Eppure, l’intenzione di Hamas non sembrava affatto belligerante. L’organizzazione palestinese, attraverso l’intelligence, aveva comunicato nelle ultime ore a Israele l’intenzione di contenere la violenza, che ha provocato 60 morti e 2.700 feriti nelle proteste lungo la Barriera.

Ma il ministro israeliano della Difesa Avigdor Lieberman ha accusato i leader di Hamas di essere “cannibali che usano i bambini come armi”. Nel corso di una visita alla divisione dell’esercito di stanza lungo il confine con la Striscia di Gaza, il ministro ha detto che il movimento islamista palestinese possiede “razzi, armi convenzionali e un diverso tipo di arma: persone e bambini. Il loro obiettivo è quello di fare togliere il blocco a Gaza, ma non per ricostruirne l’economia o negoziare, ma piuttosto per contrabbandare armi e creare uno pseudo modello di Hezbollah”. Lieberman ha approvato una direttiva per chiedere all’esercito israeliano di riaprire il confine di Kerem Shalom tra Israele e Gaza per il passaggio delle merci, nonostante i pesanti danni provocati alla parte palestinese durante gli ultimi due fine settimana di proteste. Allo stesso tempo, l’Egitto ha approvato il trasferimento dei manifestanti feriti attraverso la frontiera con Gaza a Rafah, per consentire l’assistenza medica negli ospedali egiziani. Sembravano passi di avvicinamento tra le parti per riportare la pace lungo i confini della Striscia di Gaza. Intanto, la leadership dell’organizzazione guidata da Yahya Sinwar e Ismail Haniyeh sembra avere il controllo assoluto su quanto avviene a Gaza. È stata proprio Hamas a promuovere l’assembramento lungo la Barriera di confine. Ora, l’organizzazione palestinese ha deciso di astenersi dal lancio di missili contro Israele, nonostante la carneficina. Il controllo delle masse che hanno protestato contro l’apertura dell’ambasciata americana a Gerusalemme dimostrano il “peso” di Hamas. Ma gli effetti sono devastanti, paradossalmente anche per Israele. È chiaro che lo scontro si stia muovendo su un piano mediatico. Per provocare lo sdegno internazionale nei confronti degli israeliani. E il conseguente intervento delle Nazioni Unite. L’effetto è inevitabile. Da una parte, l’esercito, ben equipaggiato ed efficiente, dall’altra masse di civili disarmate. Il cambio di strategia di Hamas ha provocato le reazione dialettica di Israele. Il ministro della Sicurezza Gilad Erdan ha minacciato che, “se ci sarà un’escalation delle violenze al confine, potrebbero riprendere le eliminazioni mirate delle figure di alto livello di Hamas”. Secondo l’intelligence israeliana Hamas vuole evitare lo scontro, perché sta vivendo una fase complessa nella gestione della Striscia, a causa dell’isolamento diplomatico. D’altro canto, Israele non ha una vera politica per affrontare i problemi della Striscia, oltre al fermo rifiuto delle richieste di Hamas. Un fatto è certo. In Israele non è più il tempo delle “colombe”. La politica di Benjamin Netanyahu non ammette cedimenti.

Aggiornato il 17 maggio 2018 alle ore 15:32