Ritenere che l’Iran – succube dal 1979 del regime degli ayatollah, integralisti islamici sciiti – viva in libertà e in democrazia, corrisponde a un azzardo. Ogni aspetto della vita politica viene controllato e manovrato dalle autorità religiose, a cominciare dalla Guida suprema Ali Khamenei, successore del celebre Ruhollah Khomeini, passando per il Consiglio dei Guardiani.

Eppure, anche la teocrazia di Teheran prevede l’elezione diretta del presidente della Repubblica e del Parlamento, per quanto sia il capo dello Stato che l’Assemblea legislativa non possano mai avere l’ultima parola poiché questa spetta al potere religioso degli ayatollah. Pochi giorni fa si è appunto votato per il nuovo presidente della Repubblica islamica ed è uscito vincitore Ebrahim Raisi, magistrato e presidente della Corte Suprema dell’Iran.

Descrivere quella di Raisi come una vittoria sudata e meritata diventa piuttosto arduo. Dai piani alti della teocrazia iraniana si è puntato sin da subito su questo personaggio, noto per essere un falco ultra-tradizionalista, uno di quelli che vivono di odio anti-occidentale ed anti-israeliano, e non cambierebbero mai alcun aspetto del regime integralista. Infatti, il Consiglio dei Guardiani, bocciando le candidature del fronte riformatore (esiste una minoranza che prova, purtroppo con scarso successo, ad andare un po’ oltre alla intransigenza predicata da Khomeini) ha fatto in modo che l’unico candidato possibile fosse proprio Ebrahim Raisi.

Il popolo iraniano ha compreso l’inganno di una elezione evidentemente farsesca e non a caso ha disertato le urne. L’affluenza si è fermata sotto al 50 per cento. Raisi, più che rappresentare la maggioranza del proprio popolo, incarna il sentimento di autoconservazione di un regime pericoloso e liberticida. Il neopresidente, attraverso la sua lunga carriera nel sistema giudiziario iraniano, è stato uno dei maggiori fautori della repressione e delle tante condanne a morte fin dai tempi di Khomeini. Si stima che Ebrahim Raisi porti sulla propria coscienza il peso di almeno 30mila condanne al patibolo.

Con una figura politica come questa l’Iran, già artefice di un controverso programma nucleare e di aiuti ai peggiori nemici di Israele come Hamas ed Hezbollah, assume contorni ancora più inquietanti. Israele se ne è già accorto ma gli Stati Uniti di Joe Biden e l’Europa sapranno essere altrettanto guardinghi, oppure torneranno a perdere tempo con ingenue aperture di credito simili a quella del 2015 di Barack Obama?

Aggiornato il 22 giugno 2021 alle ore 09:59