«Non giudicatemi per le giacche»

Roberto Formigoni, in una lettera inviata a Tempi.it, rivendica i suoi rapporti con Piero Daccò e Antonio Simone, colpiti da ordine d'arresto nell'ambito dell'inchiesta milanese sulla Fondazione Maugeri e chiede di essere giudicato per «gli atti e non per le giacche», sfidando «chiunque a contestare l'eccellenza della Regione Lombardia».

«Tutto è migliorabile - aggiunge - Errori sono stati commessi. Ma l'amicizia non è reato». «Non ho niente da rimproverare ai magistrati - premette - chiedo soltanto di fare bene e presto il loro mestiere». Poi si rivolge alla moglie di Simone che lo ha criticato: «C'eri talvolta anche tu in quelle vacanze al mare, in quelle cene... Nessun festino, nessuna occasione per tramare ai danni di chicchessia, nessuna riunione d'affari». E per quanto riguarda le ferie pagate, ribadisce che Daccò avrebbe anticipato le somme che sono state poi rimborsate: «Se ci sono biglietti aerei e una settimana di vacanza alle Antille con cifre importanti, scusate tanto, non sono Brad Pitt ma me le posso pagare, me le sono pagate col mio stipendio» e non aver tenuto le ricevute «scusate, è un reato? ».

Formigoni ribadisce quindi che Simone è suo amico «da 40 anni. Come mio amico da meno tempo è Daccò», poi con Simone le strade si sono divise «perché Antonio fu spazzato via ingiustamente e ingiustamente recluso da inchieste che poi lo dichiararono innocente. Io salivo ai vertici della regione e ci sono rimasto in questi quasi 20 anni, non perché sono attaccato alla poltrona o a un ruolo, ma perché così, liberamente e democraticamente la volontà popolare... ha voluto che fosse». Poi continua: «Se si documentasse con una sentenza che io ho fatto una sola cosa di ciò che mi addebitano aver fatto per distrarre uffici e denaro pubblico solo per fare un favore ad amici incapaci e incompetenti, ne pagherò tutte le conseguenze del caso». Formigoni rivendica quindi come la Lombardia sia la «regione più avanzata, moderna ed efficiente d'Italia» ma non per questo di essere «inebriato dal successo. Non sono avido di chissà quale altro potere. Non ho fatto il Governatore per andare a Roma e preparare chissà quali altri trampolini di lancio».

Infine una postilla: «Inutile dire che non mi dimetterò: sarebbe da irresponsabili piegarsi al ricatto dei calunniatori e dare soddisfazione a lobby a cui sembra non importare niente del dramma della crisi che sta devastando l'Italia e a cui interessa soltanto la mia poltrona per i loro affari di potere».

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:19