Dopo il successo ottenuto dal docufilm “Enzo Tortora, una ferita italiana” diretto da Ambrogio Crespi e prodotto dal Gruppo Datamedia, nonostante l'esclusione dal Festival Internazionale del Film di Roma, L'Opinione ha intervistato Fabrizio Pilotto, 52 anni, proprietario della Edipro, società leader nel settore del “data marketing” e socio di Datamedia. Pilotto, che in questo film ha avuto un ruolo un po’ speciale, ha insistito molto per la sua realizzazione, anche perché si definisce «un radicale non storico ma di lunga data», fin dai tempi della campagna elettorale per le elezioni europee del 1999, quelle in cui Emma Bonino raccolse, a sorpresa, l'8,5% dei voti.

Come è nata l'operazione? Marketing per il rilancio del Gruppo Datamedia o progetto nato per fare cinema civile?

Ho investito nel documentario perché la battaglia giustizia è una battaglia che sento e che ho vissuto, che considero centrale nel nostro paese. Mi sono detto che dovevo fare qualcosa di concreto, quindi ho messo a disposizione un po' di risorse per far partire l'operazione. E' andata come è andata, ma lo rifarei perché comunque adesso il dibattito sulla giustizia c'è. Parlare di amnistia non è più un tabù, bisogna tener vivo questo tema. Sono contento che il Gruppo Datamedia non sia riconoscibile solo per i sondaggi ma come azienda di comunicazione a 360 gradi.

Perché lei si è appassionato in questo modo nella battaglia sulla riforma della giustizia?

Le manette oggi in Italia sono troppo facili. Sono stato anche io in prima pagina ma poi sono stato assolto. E il problema non sono solo i giudici, ma il combinato disposto con la spregiudicatezza di alcuni giornalisti, soprattutto di provincia. E con il web si aggiunge il problema che le notizie diventano praticamente permanenti. I giornali, la stampa passano e si dimenticano, ma sul web tutto resta impresso, è questo è un grave problema.

Prossimo progetto in cantiere?

Una cosa a cui tengo molto, anzi moltissimo. Un documentario sulla vicenda di Luca Coscioni è un altro dei progetti del Gruppo. La sua situazione l'ho vissuta molto da vicino con i Radicali, personalmente. Inoltre, dal punto di vista editoriale, la rivista “Luca”, dell'Associazione Luca Coscioni per la libertà della ricerca scientifica viene realizzata da noi. Questi temi, quindi, mi sono familiari e in questo progetto sarò coinvolto con un ruolo più attivo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:47