Borsellino: valori e contraddizioni

Palermo, 19 luglio. Sono le 16.58, l’ora in cui vent’anni fa a Palermo esplose l’autobomba piazzata dalla mafia in via d’Amelio, il previsto minuto di silenzio per commemorare la strage in cui persero la vita Paolo Borsellino e i cinque uomini della sua scorta è stato preceduto da altri dieci minuti di silenzio, anch’essi in qualche modo previsti: il segno della protesta annunciata già alla vigilia dal popolo delle ‘’Agende rosse’’, qualora sul luogo delle strage fossero giunti rappresentanti delle istituzioni.

A questo punto la commemorazione è già diventata una passerella. Arriva il presidente della Camera Gianfranco Fini, raggiunto da Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso, sotto l’albero d’ulivo davanti al civico 19 dove esplose l’autobomba. Ma gli applausi, invece, sono tutti per i magistrati. E un’ovazione è scoppia quando Roberto Scarpinato, procuratore generale a Caltanissetta, punta il dito contro «quei posti nelle prime file, riservati alle autorità, e tra queste personaggi dal passato e dal presente equivoco». Arriva il procuratore aggiunto Antonio Ingroia che mette il carico da 90: «Se ci fosse stata collaborazione tra istituzioni, l’indagine sulle stragi non sarebbe durata vent’anni e non sarebbe ancora incompleta».

Ingroia invoca «una riforma della legge sui pentiti per consentire a tutti quelli che sanno di quella stagione di parlare. Se la politica vuole dare un segnale forte deve consentire di aprire una nuova stagione, come quella che 20 anni fa diede luogo a un numero tumultuoso di mafiosi che raccontarono dei rapporti tra mafia e istituzioni. Avremo la verità quando si abbatterà il muro della reticenza istituzionale degli uomini di quel tempo». Tace il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso: «Ho promesso che non dirò nulla», dice ai cronisti. Attizza le polemiche, invece, Antonio Di Pietro, che giunto in via d’Amelio si disfa della giacca e in maniche corte affronta le telecamere: «Napolitano? Predica bene e razzola male. Perché avanzare un conflitto d’attribuzione proprio nel ventennale della strage?». Con il leader di Idv ci sono i sindaci di Napoli e Palermo, Gigi De Magistris e Leoluca Orlando. 

In serata, il pubblico cambia. C’è la tradizionale fiaccolata di Giovane Italia, che come ogni anno, da venti anni, parte da piazza Vittorio Veneto per arrivare in via d’Amelio. Qui c’è meno rabbia e più ricordo. Ma la sensazione è che i due popoli (quello del pomeriggio e quello della sera) siano due mondi a parte. Ancora non è possibile una commemorazione comune?

«La fiaccolata è nata vent’anni fa come una mobilitazione spontanea di molti gruppi giovanili, tra i quali il Fronte della Gioventù, per rendere onore a Paolo Borsellino e agli uomini della sua scorta - spiega Giorgia Meloni, Pdl, che non manca mai all’appuntamento - è diventata oggi un patrimonio di tutti e un appuntamento fisso per tanti italiani. Come ogni 19 luglio, perciò, siamo qui per partecipare a questa fiaccolata, più numerosi e più convinti di prima. E saremo presenti anche in futuro per non dimenticare mai». 

L’opera di memoria, per fortuna, non è solo affidata a questa giornata che in piazza sembra dividere più che unire nel ricordo. Sono trascorsi vent’anni ormai dalla tragica scomparsa del magistrato Paolo Borsellino e degli uomini della sua scorta e oggi più che mai la società civile sente vivo in sé il bisogno di ricordare e commemorare. Il web è diventato uno dei veicoli della memoria. E’ sufficiente aprire il proprio facebook per rendersene conto. La piattaforma interroga: “a cosa stai pensando?”, gli utenti rispondono con considerazioni e pensieri su quella che ancora oggi risulta essere una strage avvolta da innumerevoli misteri. La legalità si fa sicuramente nelle piazze, nelle scuole, nei quartieri “difficili” delle città, ma non possiamo negare l’importanza che tutti i mezzi di comunicazione stanno assumendo.

«Oggi, luoghi d’incontro fisici, come le scuole, o virtuali, come il web, sono i mezzi principali per diffondere il ricordo del giudice Paolo Borsellino e questo ci fa piacere – dichiara Simone Scarpati, presidente dell’Associazione Studenti Napoletani contro la camorra. La lotta all’illegalità non si fa solo con le parole, tuttavia analizzando quello che sta succedendo sulla rete deduciamo che, in un modo o nell’altro, la gente ricorda, la gente commemora. Le persone sentono il bisogno di dire in giro che quello che è successo a Borsellino non va dimenticato, che i personaggi come Borsellino sono da proteggere e non da isolare».

«Apprendiamo però con tristezza – dichiara Scarpati – che, proprio mentre si diffonde il valore della memoria e della diffusione dei principi di legalità e cittadinanza attiva, il ministro Riccardi  ha deciso di interrompere la stampa del libro <+corsivo>Il profumo della libertà<+tondo>. La pubblicazione ad opera negli scorsi anni del ministro della Gioventù, raccoglieva numerosi scritti e pensieri dei protagonisti di ieri e di oggi della lotta alla criminalità organizzata proponendoli, proprio nell’anniversario della morte di Borsellino e della sua scorta, ai giovani che oggi sono chiamati ad un rinnovato impegno nel contrasto di tutte le mafie. Riteniamo fosse un ottimo strumento da utilizzare soprattutto nelle scuole, nelle nostre iniziative con gli studenti.»

«Con una piccola spesa ed un po’ di attenzione in più – continua il presidente Scarpati – si sarebbe riusciti a continuare quest’ottima iniziativa e, soprattutto, molti più giovani avrebbero potuto leggere del giudice Borsellino». «Purtroppo, proprio nel ventesimo anniversario della morte del giudice e della sua scorta, non sarà più possibile lasciare questa interessante pubblicazione agli studenti che incontriamo. Tutto l’opposto – conclude il presidente degli studenti contro la camorra – di quello che chiedeva lo stesso Borsellino quando diceva: “Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene”».

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:32