La grande corsa verso i moderati

Archiviate le amministrative del 6 e 7 maggio accadrà forse quello che in tanti si aspettano, la riaggregazione degli umanesimi che hanno fondato il repubblicanesimo italiano dal dopo guerra al collasso di Tangentopoli. Siamo giunti oggi ad una crisi di sistema, dovuta agli eccessi del censo politico, ma soprattutto al collasso dei partiti nati per difetto e non per eccesso di ideali, difetti chiamati predellino, neo guelfismo democratico, populismo e giustizialismo. Ma veniamo al punto.

La Seconda repubblica nacque su una coordinata ben precisa: il bipolarismo. Tanti erano i sostenitori più convinti: tra questi Fini, Rutelli e Casini, gli stessi che oggi raccontano che l'Italia non ha bisogno di un scenario politico netto e bipolare. Ma la direzione che in questi giorni si sta delineando è chiara: il Terzo polo, grazie anche all'attuale situazione politica creata dai tecnici, sta ampliando il proprio peso politico legato ad un mondo, quello dei moderati. E sta rafforzando, grazie a Casini, i rapporti con la plutocrazia e l'imprenditoria del nostro paese. La mossa tattica di Beppe Pisanu ne è la riprova; il bel Pierferdinando creerà molto probabilmente un polo liberaldemocratico di tutto rispetto che potrà scendere in campo per governare il paese. In tutto questo il Pdl dovrà necessariamente cambiare sia rotta che leader.

È evidente infatti che i moderati saranno in breve tempo troveranno collocazione nel Terzo polo, come è lapalissiano che la leadership di Alfano, che aveva puntato da subito sulla costituente dei moderati, ha esaurito la spinta propulsiva. Tra l'originale (Casini) e una copia (Alfano) ci saranno pochi dubbi nello scegliere il primo, l'erede naturale di Sturzo e De Gasperi e non Carfagna o della Gelmini. Al Pdl dunque non resta che reinventarsi un partito liberal-conservatore con una nuova guida che sposti l'asse più a destra, verso gli ex An, per costruire anche in Italia una destra moderna. Impresa resa oggi ancor più difficile dalla ingombrante e mai tramontata presenza di Silvio Berlusconi. Non resta dunque che capire quale futuro avrà la sinistra. In questo quadro di riordino e semplificazione, si dovrebbe infatti aprire un serio dibattito e un cantiere per costruire anche in Italia un partito unico della sinistra.

Una  nuova casa dei riformisti  che non sia, come molti banalmente ripetono, la sommatoria delle nomenclature di democratici, socialisti, ambientalisti e Sel, ma ospiti tutte quelle forze politiche che si riconoscano in una sinistra progressista e riformista, uscendo dai propri perimetri di appartenenza. Senza un grande ed unico partito socialista e progressista, il rischio è quello di far emergere, come evidenziato anche da Giorgio Napolitano, forze antidemocratiche come il grillismo o il dipietrismo, che non hanno mai avuto un disegno reale e costruttivo per il nostro paese.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:56