Disoccupazione, si deve cambiare rotta

La disoccupazione investe sia pure in diversa misura, i paesi dell’Unione Europea, ma non risparmia né quelli in cui l’economia sembra più solida, né quelli in cui da segni di debolezza. Le statistiche sia quelle generali, riguardanti l’Unione Europea nel suo insieme, sia quelle particolari relative ai singoli stati che ne fanno parte sono a dir poco preoccupanti. La questione-lavoro, pur presentando situazioni specifiche e diverse in ciascuno dei paesi europei, esige misure di intervento miranti all’adozione di politiche fiscali e sociali omogenee per l’intera Unione Europea, onde evitare anche rischi di distorsione nella concorrenza (una sorta di “dumping”sociale).

L’occupazione a livello europeo può essere favorita investendo sia risorse umane che economiche. Bisogna cioè dare impulso all’occupazione puntando sugli interventi del fondo regionale e del fondo sociale e su una formazione continua delle persone che si alterni con il lavoro per tutta la durata della vita produttiva.
Il discorso non può non investire quindi anche i sistemi scolastici dei paesi dell’Unione Europea, i quali devono diventare omogenei nel tentativo comune di fornire un’istruzione, completa di conoscenze sia derivate dallo sviluppo delle nuove tecnologie (informatica,telematica) sia ereditate dal patrimonio culturale europeo sviluppatosi nel corso dei secoli e tramandatosi di generazione in generazione (storia,filosofia,arte,letteratura ecc),cosi da permettere agli studenti di acquisire conoscenze ben strutturate ed in modo globale e dinamico, non ridotto ad un insieme confuso di nozioni e tecniche, che si riveli funzionale alla loro crescita, prima di tutto come cittadini facenti parte dell’Unione Europea, poi come potenziali lavoratori inseriti in un contesto economico, sempre di dimensioni europee, più aperto e concorrenziale di un tempo,che può offrire opportunità occupazionali a tutti.

Emerge quindi l’esigenza di sconfiggere la disoccupazione, attuando efficaci ed omogenee iniziative sociali e politiche fiscali. In riferimento a queste ultime, da più parti si è proposta una politica dei redditi che fosse in grado di stimolare l’occupazione attraverso un calo coordinato dei contributi sociali, il cui peso sul costo del lavoro pone l’Europa in una situazione di svantaggio nei confronti degli Stati Uniti. Si tratta, in pratica di coordinare le politiche salariali su scala europea, in modo da ridurre gli oneri sociali, sostenere il potere d’acquisto dei salari (quindi la domanda dei consumi) e, di conseguenza, incentivare le assunzioni.

Venendo alla situazione dell’Italia, dove, il livello di disoccupazione è tra i più alti d’Europa, c’è da dire che il nostro paese sta cercando di adeguarsi gradualmente alle politiche per l’occupazione decise in sede europea. Dal punto di vista degli interventi sociali, bisogna ricordare la proposta di riforma del sistema scolastico, in adeguamento di quello degli altri paesi Europei,vista l’esigenza di promuovere una formazione che offra agli studenti conoscenze valide ed articolate per entrare in un mercato del lavoro sempre più aperto e concorrenziale.

Inoltre per quanto concerne gli investimenti a favore dell’occupazione nel Mezzogiorno, preoccupano sia i persistenti lacciuoli burocratici, che ritardano ogni forma di intervento a favore dell’occupazione, sia, soprattutto la presenza della mafia e delle altre organizzazioni criminali, che scoraggia l’arrivo di capitali ed imprenditori da altre regioni. Tutto questo tralasciando l’enorme peso della pressione fiscale a carico delle aziende che frena qualsiasi ipotesi di rilancio dell’economia del territorio. Infine è da superare pure la carenza di strumentazioni tecnologiche in grado di monitorare efficacemente i risultati già raggiunti o ancora da raggiungere. L’arretratezza della pubblica amministrazione, con la sua incapacità, finora, di offrire garanzie di sicurezza è, in questo caso, il vero problema del Meridione, che rischia di compromettere qualsiasi tentativo di decollo industriale e di sviluppo dell’occupazione. Il governo Letta se ha veramente l’intenzione di cambiare rotta rispetto a ciò a cui abbiamo assistito negli ultimi anni deve avere il coraggio di assumere scelte anche impopolari, ma che possano, nel giro di poco tempo, rimettere in condizione il paese di ripartire con presupposti nuovi e favorevoli allo sviluppo dell’impresa e perciò dell’occupazione.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:51