I provvedimenti   e il... maquillage

Cipria, semplicemente cipria, questo sarà l’effetto dei roboanti provvedimenti del Governo. Annunciare una manciata di miliardi di lavori pubblici , che normalmente iniziano e finiscono, se va bene in 4/5 anni, significa più o meno 2 miliardi di fatturato annuo che, tradotto, porta ad un movimento del Pil dello 0,1%, cioè nulla.

Senza considerare, che normalmente da noi la stragranparte delle opere pubbliche si inceppa e si caratterizza per uno “stop and go”, che le rende infinite nel tempo. Per non parlare dell’intervento sulla casa! Ad essere gentili, potremmo definirlo meno di un pannicello caldo.

Sulla giustizia poi, i soliti bizantinismi all’italiana, difficili e complicati da applicarsi, visto l’intrigo delle competenze e della nostra legislazione in materia di diritto civile. In buona sostanza siamo al solito annuncio ad “effetto”, sotto il vestito niente, niente di niente che possa, davvero, essere risolutivo.

Per stimolare in modo tangibile e significativo un’economia corpulenta ed ingessata come la nostra, bisognerebbe iniettare almeno 50 miliardi di interventi freschi che, grazie ad un effetto leva e spalmati in 4/5 anni , potrebbero produrre un aumento del Pil dell’1,5/2 % annuo.

E questo solo per iniziare, perché senza affiancamenti di tipo fiscale amministrativo e burocraticamente disboscanti, anche questi non sarebbero sufficienti. Tutto ciò, ovviamente, considerando a parte una straordinaria operazione sul debito pubblico, senza la quale ogni processo di ripartenza e di vera inversione di marcia, sarebbe vanificato. Infatti, il debito per poterci rimettere in carreggiata, andrebbe abbattuto a partire dai prossimi 4/5 anni, non meno di 60/70 miliardi l’anno, attraverso ogni vendita rapida, possibile intelligente di tanto inutile patrimonio pubblico.

Per completare il quadro e con immediatezza, sarebbe indispensabile un enorme piano occupazionale a costo previdenziale prossimo allo zero per le assunzioni giovanili, accompagnato da una rivoluzione del welfare pensionistico e degli incentivi alla intrapresa. Va da sé, che senza pesanti sfoltimenti dei livelli pensionistici attuali, a partire da quelli superiori ai 4/5mila euro al mese a favore di quelli invece molto inferiori e degli sgravi per assunzioni, nulla può essere concreto.

Con un sistema di garanzie sociali come il nostro, iniquo, frazionato, complicato e vecchio, la tendenza non può essere che quella della insostenibilità e del collasso. Per ogni persona che lavora e produce reddito, ce ne sono due sulle sue spalle, una disoccupata ed una in pensione, così i conti non torneranno mai.

Da ultimo, la fiscalità, la più grande ossessione della gente e delle aziende, anno dopo anno, anziché pensare a semplificare ed alleggerire il carico impositivo, per rincorrere una spesa ed un debito da pazzi, si è demenzialmente attuato un piano di progressivo aumento delle tasse accompagnato da una serie di norme e iniziative persecutorie, usurarie, terrorizzanti e devastanti. A ragione della lotta all’evasione, piuttosto che a quella della corruzione e degli sperperi della politica, si è instaurato un regime poliziesco di accertamento e riscossione, che ha creato una frattura tale fra Stato e contribuenti da produrre risultati drammatici ed economicamente non risolutivi. Oggi, il contenzioso è esplosivo, si ha paura di spendere, di investire, non si consuma per pagare le tasse, non si comprano e vendono case, perché il mercato immobiliare è stato reso uno strumento di dissanguamento fiscale.

Come se non bastasse ed alla faccia del fisco amico, fra pignoramenti, sanzioni, multe ed interessi, lettere minacciose ed ingiunzioni, si è costituito un folle groviglio di rabbia e paura, che per capirlo basterebbe guardare i numeri e parlare con gli addetti ai lavori. Il fisco, piaccia o no, va pacificato risolvendo il sospeso, azzerando le liti, ricostituendo un clima di fiducia , collaborativo fra operatori ed agenzia delle entrate. Solo così potrà funzionare il precompilato e la gente potrà riprendersi dalla ossessione del fisco. Da qui alla fine dell’anno ci aspettano 4 mesi di mazzate fiscali senza precedenti a partire dalla follia della Tasi, chiuderemo il 2014 vicini al collasso e con un Pil a meno 0,5%.

In queste condizioni parlare di un 2015 diverso e finalmente luminoso, è semplicemente demenziale, parlare di mille giorni per cambiare è qualcosa di incredibile, sapendo di ballare sulla “dead line” e che il tempo a disposizione è ridotto all’osso. In buona sostanza, più che alla frutta siamo alla presentazione del conto e con un Governo così, con tutta probabilità, stavolta, non riusciremo a pagarlo, ma forse sarà la nostra salvezza e davvero potremo ricominciare.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:11