Reagan: The Gipper

La Reagan Library di Simi Valley continua ad essere meta quotidiana di pellegrinaggi da ogni parte degli Stati Uniti. Ronald Reagan è un mito inossidabile fin dalla sua grande popolarità che raggiunse nel 1984, quando ottenne il secondo mandato presidenziale con un consenso plebiscitario (vinse in 49 Stati, non in Minnesota): mai visto nella storia degli Stati Uniti e mai più eguagliato dai presidenti successivi, che, anzi, si avvantaggiarono soprattutto degli effetti positivi delle sue imprese storiche: il risanamento dell’economia americana e la vittoria della guerra fredda. Reagan è infatti passato alla storia non solo come il candidato repubblicano che vinse le elezioni dopo una ventennale egemonia democratica, ma anche come il primo presidente nella storia degli Stati Uniti a dichiararsi fieramente un conservatore. La sua permanenza alla Casa Bianca, non a caso, coincise con la cd “rinascita conservatrice” nel campo universitario, nell’editoria, nel giornalismo e nell’intero mondo culturale americano. Egli era un convinto sostenitore di una nuova teoria economica, la supply-side economics che si basava sulla Curva di Laffer convinto come era che le tasse americane fossero troppo alte e una loro diminuzione avrebbe portato ad una crescita delle entrate e a maggiori investimenti, con un effetto benefico per l'economia.

Ciò premesso, il giudizio sulle politiche economiche di Reagan è ancora molto dibattuto. Gli economisti si dividono tra chi, come i premi Nobel per l'economia Milton Friedman e Robert A. Mundell, sostiene che dietro il boom economico statunitense degli anni '90 ci fosse proprio la “ricetta Reagan” ed altri, come il premio Nobel Robert Solow, che considera Reagan responsabile dell'aumento delle tasse imposto dal suo successore, George H.W. Bush. La sua forza era sostenuta da una reazione neoconservatrice che rimetteva in discussione l'idea della solidarietà affermatasi col New Deal e la politica di estensione del Welfare State con la quale il Partito democratico, a partire dagli anni Sessanta, si era fortemente identificato e spingeva per la riaffermazione della libertà individuale e della libera iniziativa, del profitto e della concorrenza per affrontare la sfida dell'interdipendenza mondiale. Reagan era un conservatore, una persona che aveva in qualche modo calmierato la sindrome del Vietnam dalla società americana e aveva reso l’America molto potente; era anche un uomo che portava con sé i tipici valori americani e irlandesi: devozione alla famiglia, alla nazione, al normale corso della vita. Oltre ogni ragionevole dubbio vinse la Guerra Fredda, grazie ad un incrollabile ottimismo, a una fede granitica nella superiorità del modello capitalista ed alla ferma volontà di diffondere la democrazia.

La storia di un presidente, attualissima anche per il nostro paese, che sembra arreso alla recrudescenza statalista dopo il tentato berlusconismo, dove a nessuno è impedito di sognare, per ora; dove è necessario che qualcuno riprenda il famoso discorso di Reagan "L'ora delle scelte": perché di verba ne son volate troppe e di fatti molto pochi, eccettuati quelli palesemente in contraddizione. Nel frattempo, possiamo lavorare per rinvigorire il reaganismo, rendendo onore alla memoria di Reagan e alla sua capacità di unire tutte le varie anime sotto un unico partito. Da copiare.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 14:52