Corte Costituzionale: ulteriori tasse nel 2016

La mazzata sui conti pubblici è stata solo rinviata al 2016. Si è di fatto aggravato il bilancio dello Stato, evitando di mandarlo a picco oggi. Una morte lenta, insomma. La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il blocco dei contratti e stipendi nella Pubblica amministrazione, specificando che la sua pronuncia non avrà effetti retroattivi, evitando quindi il buco di bilancio di 35 miliardi di euro. La decisione riguarda 3 milioni e 300mila dipendenti pubblici e apre nei conti dello Stato la futura voragine, calcolabile tra un minimo di 7 e un massimo di 13 miliardi di euro l’anno a partire dal 2016. Soldi che andranno trovati per i futuri stipendi della P.A. E dove? Dalla tassazione dei “muli”, degli italiani, ca va sans dire! La Corte Costituzionale ha infatti detto di rivedere i contratti degli stipendi della Pubblica amministrazione bloccati da cinque anni, ma che tuttavia la sentenza non vale per il passato. Dal 2016 questa decisione costerà alle casse dello Stato 13 miliardi all’anno, ogni singolo anno.

Il futuro nuovo buco in arrivo nei conti pubblici, a detta dei giudici costituzionali, è dovuto al fatto che per la Consulta “è illegittimo il blocco dei contratti e degli stipendi degli statali” e questo significa che l’attuale governo non eletto di sinistra di Renzi non dovrà sborsare i 35 miliardi di arretrati dovuti in cinque anni di blocco, ma che dal 2016 la sentenza costerà 13 miliardi l’anno, ogni santo anno. Il segretario generale della Flp ha subito detto, passando all’incasso, che “ora il governo non ha più scuse. Apra subito il negoziato e rinnovi i contratti”. Poche settimane fa, sempre la stessa Corte, ha bocciato il blocco della rivalutazione delle pensioni sopra tre volte il minimo negli anni 2012-2013. Il rimborso sulla mancata rivalutazione è dovuto arrivare, sia pure in un’aliquota inferiore al 20 per cento del totale, e il governo ha sborsato 2,18 miliardi pagati il primo agosto. Nel caso dei contratti pubblici, con il nuovo dispositivo, il futuro governo, si spera democraticamente eletto quindi legittimo, si troverà sul groppone l’obbligo di reperire risorse per il rinnovo del contratto dal 2016 in avanti, dunque con la legge di stabilità.

Il blocco dei contratti pubblici è in vigore dal 2010 e il calo complessivo della spesa per i redditi da lavoro dipendente nella Pubblica amministrazione si è ridotto del 5 per cento, vale a dire 8,7 miliardi, tenendo conto anche del blocco del turn over. Alla fine del 2014 la spesa per il personale della Pubblica amministrazione è stata pari a 163,8 miliardi, vale a dire il 10,1 per cento del Pil, mentre il blocco del turn over tra il 2008 e il 2013 ha ridotto di 200mila unità il numero dei dipendenti pubblici, di cui 104mila con contratto a tempo determinato e prevalentemente personale precario della scuola stabilizzato nei ruoli. Il vincolo di bilancio avrà anche vincolato la decisione odierna dei giudici delle leggi ma, con la medesima decisione di illegittimità, pur senza effetti sul passato, la Consulta, pur attutendo per adesso l’impatto sui saldi di finanza pubblica l’ha determinato nel vicino futuro.

Si ricordi che il 18 aprile del 2012 il Senato della Repubblica ha approvato in seconda lettura il ddl costituzionale di riforma dell’articolo 81, che introduce il pareggio di bilancio in Costituzione, raggiungendo col voto unanime di Pd, Pdl e Terzo Polo il quorum di 214 voti su 321 aventi diritto necessario ad evitare il referendum popolare confermativo. Il nuovo articolo recita oggi che “lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.
 Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. 
Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. 
L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. 
Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle Pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei princìpi definiti con legge costituzionale”.

L’articolo così riformato abroga il divieto di stabilire nuove spese o tributi tramite la legge di bilancio. Oggi la Corte Costituzionale ha “abbonato” il passato, ma ha anche messo le premesse per lo sforamento e le difficoltà future.

 

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:28