Perchè non può e non deve restare

Sbaglia Berlusconi a dire che se vincesse il “No” Renzi dovrebbe continuare, visto che dispone della maggioranza parlamentare per farlo. Oltretutto così facendo il Cavaliere sbaglia due volte, la prima perché lancia un messaggio ambiguo al movimento contrario alla riforma, la seconda perché fa finta di non sapere che vincendo il “No” la maggioranza di Renzi si sgretolerebbe del tutto. Va da sé, infatti, che il primo effetto dell’eventuale vittoria del “No” sul Partito Democratico sarebbe una spaccatura tale, tra renziani e dissidenti, da rendere impossibile qualsiasi ulteriore cammino dell’attuale Governo. Ma al di là degli effetti interni al Pd, se vincesse il “No” si aprirebbe, nei confronti dell’attuale maggioranza, un vulnus di credibilità e legittimazione tale da annichilirla definitivamente.

Solo la scriteriatezza o l’ipocrisia possono far supporre che un Premier e un Governo che hanno puntato tutta la credibilità politica, tutta la strategia programmatica e tutta la ragione d’essere, sull’approvazione della riforma, potrebbero continuare in caso di sconfitta. Ecco perché chi dice che Renzi dovrebbe continuare o mente oppure sbaglia clamorosamente e pericolosamente. Come se non bastasse, immaginare di riproporre Renzi a capo dell’Esecutivo dopo un’eventuale vittoria del “No” sarebbe un pericolosissimo gioco con il fuoco. Trascurare, infatti, per l’ennesima volta il sentimento popolare, la contrarietà elettorale, il significato politico della vittoria del “No”, stavolta sarebbe rischiosissimo.

Rischiosissimo perché assieme alla riforma il popolo avrebbe chiaramente bocciato Renzi e Governo, perché dentro il “No” si concretizzerebbe l’ampiezza del disagio sociale, perché il messaggio collettivo sarebbe inequivocabile. Ecco perché, qualora il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella commettesse la debolezza di reincaricare Matteo Renzi di fronte a una sconfitta devastante della linea del Premier, si assumerebbe una responsabilità quantomeno azzardata. Oltretutto gli italiani vivono un passaggio storico talmente delicato, pesante e stressante che trascurarlo come se niente fosse sarebbe imperdonabile.

Del resto parliamoci chiaro, è stato solo ed esclusivamente Renzi a volere tutto ciò, è stato lui a personalizzare, lui a lanciare una sfida ultimativa, lui a trasformare il referendum in un voto di fiducia al suo Governo. Inoltre è stato il Presidente del Consiglio ad alzare i toni per primo sull’esito referendario, sia minacciando il diluvio in caso di sconfitta, sia insolentendo i dissidenti, sia trascinando il Paese in una sfida apocalittica. Insomma,nRenzi tanto ha fatto e tanto ha detto da riuscire in questi mesi a generare un livello di scontro sul referendum da non ammettere alcuna exit strategy in caso di sconfitta. Ecco perché solo pensare di ripresentarlo agli italiani anche se perdesse, aprirebbe uno scenario del tutto imprevedibile e azzardato. Parliamoci chiaro, se vincesse il “No”, per come stiamo messi, esistono solo due strade sensate e ragionevoli: o lo scioglimento delle Camere, oppure un nuovo e diverso Governo sostenuto da un’ampia maggioranza che porti la legislatura alla scadenza naturale. Qualsiasi altra soluzione, che vedesse ancora Renzi in ballo, sarebbe vissuta come una provocazione, una forzatura, una noncuranza molto grave dell’esito referendario.

Oltretutto i risultati fin qui ottenuti dal Governo Renzi non solo non hanno cambiato il volto della crisi, ma per via delle promesse disattese hanno generato spaccature, esasperazioni, agitazioni, come raramente si vedevano in Italia. In conclusione, la vittoria del “No” non potrà che significare due cose strettamente e logicamente connesse: il respingimento di una riforma brutta e antipopolare, la fine del Governo Renzi, ipse dixit!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:48