Altro che svolta a destra dei Cinque Stelle

Che i grillini fossero né più né meno come gli altri, e cioè esposti alle correnti e ai refoli di invidie e gelosie fra parrocchie e parrocchiette, era chiaro. Com’era ed è altrettanto chiaro che solo i diktat di Beppe Grillo e il suo comando assoluto abbiano, almeno finora, evitato scissioni e spaccature. Del resto, il metodo di scelta degli uomini e delle donne da portare in Parlamento, o negli enti locali, la dice lunga sul “Grillo pensiero”.

Va da sé, infatti, che una larga parte degli eletti ove si ritrovasse espulsa o emarginata, tornerebbe nell’anonimato e nel rischio del: cosa fare? Insomma, la più evidente difficoltà dei pentastellati, quella cioè di offrire una classe dirigente preparata e all’altezza, nasce proprio dalla scelta di Grillo sui metodi d’ingaggio. Difficile, infatti, se non impossibile, che personaggi affermati, professionisti di lungo corso, esperti riconosciuti da carriere autorevoli, si lascino guidare e indirizzare dal binomio Grillo-Casaleggio. Alla base di tutta la struttura ideata e messa su da Grillo e Casaleggio c’è un concetto di obbedienza assoluta che è raro trovare tra chi di strada ne ha fatta e già tanta. Luigi Di Maio, in questo senso, è in parte una singolarità. Perché è un giovane che, in poco tempo, ha saputo, comunque, formarsi e distinguersi di più e meglio degli altri. Insomma, il delfino è stato prescelto e non certo in questi giorni, per rappresentare il vertice del Movimento in vista delle elezioni.

Eppure, fatta la scelta è nato il problema. Perché quello che potrà succedere dentro i pentastellati dissidenti guidati da Roberto Fico è tutto da vedere. Delle due l’una, o Grillo come in altri casi farà scattare il diktat “o segui o esci”, per tacitare tutti, oppure il gruppo dei contrari potrebbe andarsene per conto suo. In buona sostanza, per la prima volta dentro i Cinque Stelle il rischio di una scissione e di una divisione vera è concreto. Questo rischio, almeno in linea teorica, va tutto a vantaggio della sinistra. Perché, ove Fico scegliesse la definitiva strada della scissione, certamente guarderebbe a sinistra di Renzi.

Ciò provocherebbe, automaticamente, che i Cinque Stelle in nessuna ipotesi manterrebbero il primato di maggioranza relativa in Parlamento, per ottenere nel gioco postelettorale l’incarico da premier. Si tratta di un’eventualità talmente importante da non sfuggire, ovviamente, al pensiero di Grillo e Casaleggio.

Insomma, il potere contrattuale e di condizionamento di Fico in questo momento è notevole. E potrebbe segnare una svolta nel corso della campagna elettorale grillina. Ecco perché chi crede che l’investitura di Luigi Di Maio sia una svolta a destra del Movimento si sbaglia e non di poco, semmai è vero il contrario. Resta, dunque, solo una certezza: il centrodestra deve coalizzarsi e presto, perché il pericolo di finire sotto un governo di sinistra, comunque articolato, oggi è più incombente che mai.

Aggiornato il 26 settembre 2017 alle ore 08:59