L’eversione della prassi per lo sfascio

Siamo allo sfascio. È inutile domandarsi se l’insistenza di Matteo Salvini su Paolo Savona sia stata più letale dell’insistenza di Sergio Mattarella sul veto. Credo che quella eversione della prassi della prima fase della gestione della crisi, con il mandato implicito a Lega-Cinque Stelle di redigere il disgraziato contratto posticipando la designazione di un Presidente del Consiglio per curarne l’esecuzione, o invece, come è accaduto, per raccogliere i cocci del giuoco di quei due sia stato prevedibile elemento di ulteriore, inestricabile arruffamento dei gravissimi problemi.

Detto questo e preso atto del fatto che sembra che anche la soluzione, se tale può dirsi, delle elezioni anticipate trovi qualche tentennamento, credo che se questa crisi e la sua soluzione che comunque essa troverà un solo risultato se non propriamente positivo almeno tale da non danneggiare il futuro potrà darci: quello di rottamare chi va rottamato eliminando qualche equivoco.

Una cosa sembra certa. Se si va alle elezioni addirittura a fine luglio, sarà asfaltato il centrodestra. Anzi sarà cancellato, perché Silvio Berlusconi che esita ancora a proclamare che con la Lega di Salvini non ha oramai più nulla a che fare, mentre la capricciosa Giorgia Meloni già parla di una sua possibile alleanza con Lega e Cinque Stelle, si troverà probabilmente in difficoltà persino a coprire le candidature nelle liste nelle circoscrizioni.

Se, poi, dovesse ottenere da Salvini l’elemosina di una grottesca alleanza elettorale, al danno di un tale suicidio si unirebbe il disonore del tradimento di ogni idea politica fin qui, bene o male proclamata da Forza Italia. Già oggi il ritardo nella dichiarazione di formale divorzio dalla Lega ha creato il ridicolo della frazione italiana del Partito Popolare Europeo, quale è stata sempre il lustro cui teneva di più Berlusconi, a rimorchio del più scatenato e becero “sovranista” (il termine è brutto e sciocco, ma tanto per intenderci) fautore dell’Italexit.

Intanto, malgrado il groviglio delle questioni, delle versioni, delle responsabilità, appare oggi evidente che, dietro e sopra la crisi della formazione del Governo, c’è la falsificazione della posta delle elezioni del 4 marzo, per le quali la classe politica oramai ridotta al grottesco da una incoscienza pressoché totale della sua funzione, ha evitato di porre al Paese una scelta, tra l’altro, tra l’Europa sì e l’Europa no; scelta che ora è affidata al dilettantismo e alle esigenze occasionali della retorica di un giuoco di partiti.

Un equivoco che leghisti e grillini alimentano ancora sostenendo di non voler uscire dall’Euro e dall’Unione, ma di voler “rinegoziare”, trattato in termini tali, però che l’uscita dall’Euro sarebbe l’unico “dispetto” (suicida) da minacciare ai nostri interlocutori Europei.

A questo punto per noi, per i veri liberali, per i veri democratici non c’è che da prendere atto che non abbiamo più nessuna forza politica che possa in qualche modo rappresentare le nostre esigenze morali e politiche. Bisogna cari amici, ricominciare da capo. Evitando di scambiare per questa dolorosa e pesantissima scelta, magari la tentazione di “ricominciare da tre”. Era, quello di Massimo Troisi, un bel film. Altro è quello che ci aspetta.

Aggiornato il 31 maggio 2018 alle ore 13:12