Le alchimie della politica italiana

La politica italiana ha abituato l’Ue ad alchimie, equilibrismi e creatività di formule degne del mago Merlino. Ha però anche insegnato che i voti non sono trasferibili né ereditabili. E, con le elezioni regionali in Umbria, che neppure si sommano. I movimenti e le formazioni politiche sono le nuove forme organizzative del consenso che abbiamo chiamato partiti per oltre cinquant’anni, e ora esistono solo nella dicitura della Costituzione del 1948. Queste nuove forme organizzative sono aperte, cangianti, flessibili quanto gli interessi pubblici e privati di cui si intestano la titolarità e rivendicano la tutela. E il loro successo dipende solo dal consenso che riusciranno ad ottenere per il modo con cui propongono di soddisfarli.

La società sembra rispondere positivamente a questa nuova procedura politica perché condivide il decisionismo di chi si impunta per la loro difesa. Sentono di contare di più e non lesinano il consenso. Quando un leader si rivolge direttamente ai cittadini elettori, gli avversari politici, spalleggiati dai boiardi di stato che occupano le società pubbliche, a livello locale oltre che nazionale, parlano di populismo. Negli anni ‘70, ‘80 e ‘90 quando la Sinistra mondiale si rivolgeva al suo popolo, le masse operaie, era vietato parlare di rivoluzione ma di “Terza via” che poi è stata peronismo, castrismo, chavismo ecc. Ma oggi che è la Destra a rivolgersi al popolo (tutto il popolo visto che le classi novecentesche si sono scomposte e ricomposte diversamente) si urla al sovranismo, come sinonimo di autoritarismo classista e razzista. Un pensiero figlio dell’odio per lo Stato con cui è stata allevata la generazione che ci ha regalato gli sfasci sociali del grande bluff chiamato ‘68.

La verità è che di sovranismo conosciamo solo quello parlamentare, quello che consente ad un governo privo di legittimazione elettorale e con scarso consenso popolare, di tenere sotto scacco le Istituzioni, forte dell’interpretazione formale che il capo dello Stato fa della Costituzione. E non conta che i parlamentari che sostengono questo governo siano stati eletti nelle liste di partiti che proposero tutt’altro; per fare tutt’altro, governare in tutt’altra direzione, con tutt’altri alleati. Né preoccupa o scandalizza che si faccia leva sull’interesse personale dei parlamentari in carica per tenere in vita questo governo; né che massmedia e giornali lo dichiarino, senza pudore, indispensabile per impedire che il prossimo presidente della Repubblica sia espresso dalla Destra.

Ci sta che il Pd, preda continua del suo male oscuro, la meiosi, coltivi il proposito; i suoi avi hanno co-fondato la Repubblica italiana ma non hanno mai vinto un’elezione per poterla governare arrivandoci solo sotto le insegne di un uomo proveniente del campo avverso e poi con un escamotage parlamentare. Ma un’Italia ammalata di sovranismo parlamentare, nutrito da trasformismo e maggioranza pendolare, potrebbe rilanciare le cause prime della svolta autoritaria di fine XIX secolo. Ci si riempie la bocca di Europa ma siamo sicuri che Bruxelles condivida quanto accade da noi? Perché se pure ci fosse preoccupazione per la vittoria in Italia di una Destra accreditata (ma senza prova) come catastrofica per l’Ue, è probabile ce ne sia di più per il modo con cui si tenta di tenerla a bada.

Aggiornato il 05 novembre 2019 alle ore 17:00