Conte non teme di cadere, Zingaretti invoca un percorso concreto

Riporto di seguito delle dichiarazioni rilasciate pochi giorni fa dal presidente del Consiglio al Corriere della Sera: “Non mi pare di essere accerchiato più di quanto lo fossi nella prima fase. In tutti questi mesi ho sentito dire in continuazione: “Giuseppe Conte cade”, ma come si vede e si vedrà, non è così. L’urgenza di agire non nasce da un mio capriccio ma dalla realtà che preme. Non possiamo ritardare il confronto con imprenditori, sindacati, categorie. La maggioranza è composta da partiti responsabili e il clima è migliore di quello che sembra. Alcune perplessità del Partito Democratico sono rientrate. Roberto Gualtieri ha condiviso sempre tutto con me”. Questa urgenza di incontrare gli imprenditori, i sindacati le varie categorie non è affatto una novità, tra Conte uno e Conte bis questa esigenza è stata invocata ben sette volte e per sette volte gli interlocutori hanno avuto un nutrito elenco di impegni, di azioni, di programmi e poi nulla.

Ogni incontro ha visto il mondo sindacale rilasciare sempre comunicati positivi; in particolare Maurizio Landini ha avuto sempre parole di elogio per l’operato del Governo, specialmente nella ultima formazione. Solo domenica però questa lunga luna di miele, questo lungo periodo di sudditanza nei confronti del presidente è finito; il segretario Nicola Zingaretti ha dichiarato, in modo inequivocabile, “serve costruire da subito un percorso serio e concreto”. In questa tacitiana dichiarazione c’è praticamente tutto, infatti dopo sette incontri, tutti uguali, tutti inconcludenti, tutti inutili Zingaretti invoca un aggettivo che da solo denuncia l’inconsistenza di un biennio di presidenza Conte, cioè di un biennio “non serio” e al tempo stesso denuncia, per la prima volta compiendo anche una chiara autocritica, l’assenza di concretezza di tutto ciò che finora è stato annunciato, programmato, promesso.

Allora le dichiarazioni del premier Conte nascondono una chiara preoccupazione di sopravvivenza; Conte sta, giorno dopo giorno, scoprendo che il Partito Democratico ha capito che questo treno, questa compagine non dà alcuna garanzia di successo, non dà alcuna possibilità di crescere e soprattutto questa compagine non è in grado di gestire una fase, quella che stiamo già vivendo, in cui non è possibile essere impreparati, in cui non è possibile essere privi di strategie adeguate e condivise. La cosa che fa più paura è il continuo ripetersi di scelte sbagliate, il continuo ripetersi di scelte non prese, il continuo ripetersi del mancato avvio di opere infrastrutturali. Ora assisteremo all’ottavo incontro con tutti coloro che per un atto di educazione torneranno a Palazzo Chigi per sentire ancora una volta la esposizione di una agenda ricca di impegni e di certezze, di una agenda ricca di “futuro” e povera di “presente” ma questa volta finalmente oltre al semaforo rosso di Zingaretti c’è quello dell’Unione europea. Ho già detto in un mio precedente blog che per accedere al Recovery Fund il nostro Paese dovrà onorare un quadro di riforme, presenti in dieci aree tematiche, e non sarà facile dare corso, in tempi certi, ad una simile operazione; una operazione tra l’altro obbligata se si vuole accedere ai 172 miliardi di euro, se si vuole evitare un crollo irreversibile della nostra economia.

Non viene la troika ma penso sia addirittura peggio perché non accediamo neppure a delle risorse che ormai sono l’unico ed ultimo riferimento possibile per tentare di far riprendere al nostro Paese un ruolo nel teatro economico mondiale. Il presidente Conte sono sicuro sia cosciente di essere ad un tragico capolinea e, al tempo stesso, sono convinto che sappia bene che ormai gli scenari prossimi non vanno più disegnati ma occorre dare corso ad azioni, a scelte che per cinque anni abbiamo preferito non prendere per consentire un assurdo ed inutile assistenzialismo, per regalare prima al Pd di Matteo Renzi, poi al Movimento 5 stelle di Luigi Di Maio, poi alla Lega di Matteo Salvini delle norme che ora dovremo necessariamente annullare. Le mie considerazioni non sono purtroppo pessimistiche perché sono banali letture di comportamenti di chi attualmente è preposto alla gestione della cosa pubblica e ciò che preoccupa di più è che di fronte a queste indiscutibili emergenze:

non sia possibile invocare una crisi di Governo perché altrimenti si va a votare e non è corretto bloccare una legislatura in una fase così critica (lo abbiamo visto nel caso della richiesta di dimissioni del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede);

non sia possibile andare a votare perché c’è il rischio che vinca una coalizione di centro destra e con tale schieramento si perda l’atteggiamento positivo della Unione Europea nei confronti del Paese;

non sia possibile un Governo di unità nazionale perché il Movimento 5 stelle è assolutamente contrario;

non sia possibile un Governo tecnico con il solo mandato di superare questa fase delicata perché entrambe due schieramenti della attuale compagine: il Partito Democratico e il Movimento 5 stelle temono che una simile ipotesi ridimensioni il ruolo della politica, ridimensioni i rispettivi consensi elettorali.

Tutti questi condizionamenti, tutti questi vincoli portano però ad una triste conclusione: il crollo socio-economico di un Paese che tutti diciamo di amare. Purtroppo questi comportamenti denunciano ancora una volta la nostra falsità, la nostra ipocrisia.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 12 giugno 2020 alle ore 18:36