Purché l’Italia Viva

S’ode a destra uno squillo di tromba;

a sinistra risponde uno squillo.

Siam fratelli; siam stretti ad un patto:

maledetto colui che l'infrange,

che s’innalza sul fiacco che piange,

che contrista uno spirto immortal!”.

(Alessandro Manzoni, “Il conte di Carmagnola)

Caro Mario, grazie per avermi inviato il tuo sonetto. L’ho letto volentieri. Continua a scrivermi come la pensi, se ti va. Un sorriso, Matteo.

In questo momento di crisi, non solo del Governo, secondo me la soluzione del problema è nelle mani di Matteo Renzi, che costituisce l’ago della bilancia, com’era chiamato Lorenzo il Magnifico. Egli è diverso da tutti i politici nostrani. Quando salì al potere fu una vera e propria esplosione, di simpatia, di giovinezza, di capacità oratorie, di chiarezza, di concretezza, di volontà di fare quali nessun altro ha mai avuto prima di lui, tanto che si attirò il consenso anche di molti avversari. Siccome è uno a cui piace l’azione, che non parla il politichese e dice pane al pane e vino al vino. Non pochi, anche del suo partito, lo hanno accusato di autoritarismo, e con questa scusa gli hanno messo il bastone fra le ruote.

L’Italia ha da tempo un urgente bisogno di cambiare faccia, e Renzi è stato ed è tuttora una faccia nuova, che ispira fiducia e simpatia, che si distingue nettamente da quelle degli altri politici. Il mio pensiero, che ho già espresso, anche in versi, in alcuni miei libri, in sintesi è questo: un partito non entri in Parlamento se non raggiunge almeno il cinque per cento dei voti. Questo vuole il popolo “sovrano”: decisione, risolutezza, sollecitudine, niente perdite di tempo in giochetti che non portano a nulla. L’Italia non può più aspettare. Si lasci dunque a chi ha avuto l’investitura dalla maggioranza del popolo la possibilità di realizzare i progetti e le aspettative per cui è stato eletto: se farà bene, bene, se farà male, al prossimo giro tornerà a casa. Sarà il popolo a decidere se rinnovargli il mandato o sostituirlo con un altro. Questa è la democrazia, non i giochini, gli apparentamenti, le manovre a cui i politici italiani hanno sempre fatto ricorso per non perdere la poltrona. Quanti sono in Italia quelli che perdono il posto o non lo trovano? Si mettano in fila anche i politici, vadano a lavorare da un’altra parte. Una democrazia allargata agli interessi di singoli partiti, con uno, due o tre rappresentanti per ciascuno che si mettono insieme per far cadere il Governo, non è una democrazia.

Renzi quando salì al potere non era solo un rottamatore, era anche un traghettatore, che dava agli Italiani la speranza di portare l’Italia fuori dalle acque burrascose, e sarebbe già stato un grande risultato. A guardare le cose a fondo, con obiettività e realismo, che il Sol dell’avvenire venga da destra o da sinistra non ha importanza, può pure venire dal centro. “Noi troppo odiammo e sofferimmo. Amate! Il mondo è bello e santo è l’avvenir”, esclamava Giosuè Carducci. Francesco Crispi più volte in Parlamento deplorò l’impossibilità di costituire in Italia un Governo qualsiasi a causa delle “risse fra i partiti”, della “disgregazione della compagine nazionale”, della “annebbiata coscienza dell’unità e della stessa ragion d’essere della patria”. E quanto al Governo degli ultimi tre anni disse che “aveva nociuto all’Italia peggio che una rotta campale”. Paolo Orano, dopo avere affermato che gli oppositori “spendevano il fiore del loro tempo in manovre di corridoio per rovesciare il Governo fin dal giorno in cui si era insediato, bocciando qualunque cosa esso pensasse o facesse di buono”, scriveva che “anche al più bravo e onesto presidente del Consiglio non era concesso di provare, con l’assicurata permanenza, che aveva le attitudini per riuscire, sicché i governi duravano lo spazio di una stagione”.

Nel 2018 le ultime elezioni le vinse il centrodestra, ma la rumorosa orchestra degli avversari, a dispetto del popolo sovrano, fece una lunga serie di obiezioni. “Il centrodestra”, disse la marmaglia, “non è un partito, è una coalizione di più partiti, un’ibrida accozzaglia di rozze e impresentabili persone”, quand’era manifesto a chicchessia che gl’Italiani avevano votato in maggioranza quella ideologia, e dunque a lui toccava il premierato. Sergio Mattarella non stava nella pelle, ma poi, dando ragione a quei signori, considerò la Lega e i Cinque Stelle i veri vincitori di quel confronto, cioè Matteo Salvini e Luigi Di Maio. In settant’anni (per non dire prima) ogni Governo ha governato in media una stagione. Vogliono eliminare il precariato quando il primo precario è proprio lui, il Governo italiano. In questo stato i tempi qui da noi son sempre bui. Ma, d’altra parte, quale cambiamento si può mai fare, quando il Governo ogni momento, volubile com’è, e sempre in disaccordo al suo interno stesso, cambia opinione? Se per ogni progetto ed ogni legge che si propone, nel Governo non c’è concordia e ogni cosa si regge sulla precarietà, dov’è il progresso?

In Italia le elezioni politiche e la conseguente formazione del Governo sono sempre state un grande problema. Lo è stato e lo è anche nelle altre nazioni, ma il nostro Paese detiene indubbiamente il primato. Dal 1948 in17 tornate elettorali si sono presentati alle elezioni 380 partiti diversi, con un totale di 558 simboli e una media di 32 partiti per ogni elezione. Oggi in Italia alle elezioni vota poco più del 50 per cento. Nel giugno del 2013 gl’Italiani che non hanno votato sono stati il 52 per cento e non si capisce perché la Sinistra abbia cantato vittoria e la Destra sia stata considerata sconfitta. La Sinistra avrà pure vinto, ma se più della metà degli Italiani non sono andati a votare è evidente che anche lei ha perso molto consenso, anzi, ne ha perso più della Destra, se è vero che gli elettori di sinistra vanno sempre a votare tutti uniti e compatti, e dunque la stragrande maggioranza di coloro che non hanno votato sono più di destra che di sinistra. Che valore ha quindi un simile risultato? Può la Sinistra cantare vittoria solo perché, sulla carta, ha raccolto un consenso maggiore fra meno della metà degli Italiani? Il voto ha un valore relativo quando non votano tutti o almeno un numero ragguardevole di elettori. E quando votano la metà come orientarsi? Gli elettori che non hanno partecipato alle votazioni partecipano però della vita del Paese, dunque non possono essere ignorati, vanno comunque messi nel conto. E poi, che valore ha un voto dato senza convinzione? O fondato sull’umore, su un moto passionale passeggero, per protesta, per punire chi ci ha deluso, ma che comunque, nel fondo, resta sempre un punto di riferimento? Come si vede un discorso sul voto e sui risultati di una consultazione elettorale è piuttosto complesso e articolato e bisogna andarci cauti prima di cantare vittoria, tanto più quando si dice che quello che conta è il “Paese reale”. È assurdo poi da tali risultati trarre la conclusione che ha vinto la Sinistra. Andate a stanare gli astensionisti e vedrete qual è fra loro l’ideologia prevalente!

La Destra ha sempre accettato il confronto con gli avversari, è tollerante, nessun suo esponente ha mai detto a quelli della Sinistra. “Io con voi non ci parlo” (Rosy Bindi), “ma voi che cosa diete?” (Romano Prodi), “voi siete impresentabili: non avete niente di umano” (Lucia Annunziata). Siamo sempre alle solite. In Italia vincono i partiti, non gl’Italiani. La nostra è una politica fatta di trame, di vendette, di rivalse, oltre che di insulti e di parole al vento. Siamo irrecuperabili. Quello che manca agli Italiani è un uomo forte e deciso, che costituisca un punto di riferimento in cui tutti possano riconoscersi, una stella polare, una guida vera che sappia entusiasmare, accendere negli animi l’amore, non l’odio, per la patria, per la famiglia, per le cose nobili e alte, che riesca veramente a rappresentare tutti e in cui ciascuno possa identificarsi. Io ogni volta che vedo e sento parlare Mattarella scuoto la testa, deluso e amareggiato. Il primo cambiamento che ci vuole è quello del linguaggio, ostile, ottuso, provocatore. È chiaro come il sole. Se non si cambia questo abbiamo chiuso. In questa Italia divisa e faziosa non c’è degli avversari alcun rispetto: si parla e sparla, ahimè, con una prosa enfatica, con odio e con dispetto. Ma la Sinistra è la più presuntuosa, e questo è sempre stato il suo difetto fondamentale. È cieca, rancorosa da quando è nata: ti prende di petto, ti aggredisce se tu sei di destra. In questo campo è lei che getta il guanto della sfida, che semina ed orchestra tutte le accuse, e volge il riso in pianto. Si ponga fine a questa sceneggiata. Basta con i litigi. Gl’Italiani vogliono che il Paese s’incammini verso un domani sicuro e tollerabile.

Un altro cambiamento sarebbe quello che il capo dello Stato, con un atteggiamento che nessuno finora ha dimostrato, facesse risuonare la sua voce, chiara, forte, precisa e coraggiosa, che ci tolga di dosso questa croce che ormai si è fatta troppo dolorosa. Bisogna innanzitutto cancellare tutti i tristi ricordi del passato, e invece stiamo sempre a rivangare. Diciamo basta: quello ch’è stato, è stato. Ma “non si tocca la memoria storica”, vanno gridando i soliti politici con voce perentoria e categorica. “Non si cancella!”. Sono questi i critici, gli odierni specialisti della Storia, naturalmente tutti antifascisti, che aspirano per questo ad una gloria che non avranno mai, poveri cristi. Ricordare il passato è buono e saggio, tanto più se ci serve a migliorare il nostro Stato. Ma con che coraggio dobbiamo ogni minuto ricordare le dittature, i lager, gli olocausti ed altre tristi e logore anticaglie? Siamo sfiniti, estenuati, esausti per le tante ed inutili battaglie che giorno dopo giorno ci facciamo sui quotidiani e alla televisione. Non parliamone più di questi eventi, lasciamoli agli storici e chi vuole se li legga sui libri. Stiamo attenti, e misuriamo bene le parole. Con tutto questo ci si scandalizza perché il Fascismo eliminò i partiti e il Parlamento: non si realizza fra di noi l’unità, saremo uniti solo se un nuovo capo arriverà, che mantenendo la democrazia, senza toglierci alcuna libertà, con parole e coi fatti butti via tutti i brutti ricordi di un passato che però per vent’anni ci aveva dato l’unità, la concordia, gl’ideali ed un tale prestigio in tutto il mondo che noi non avevamo avuto mai. Ed ora stiamo a fare il finimondo per così poco, quando i nostri guai vanno ben oltre quelli del Fascismo. Senza di lui non c’era alternativa, sarebbe stato il caos. Finiamola perciò con l’invettiva contro un Regime che per un ventennio ha fatto camminare il Bel Paese. Ora i Governi durano un biennio, né cessano le risse e le contese che ci rendono sempre più divisi, più frammentati e ancora più meschini, di rabbia, d’odio e di livore intrisi.

I casi sono due: o governa la Destra, o governa la Sinistra. Fatto il Governo con la maggioranza ch’è risultata dalle votazioni, quella che noi chiamiamo minoranza, ma di cui vanno rispettate le opinioni, le dia un aiuto, come la mano sinistra fa con la destra: non faccia ostruzionismi, poiché anche lei amministra il Paese, e governino insieme. Le opinioni diverse si confrontino fra loro, consultando magari degli esperti che siano tuttavia fuori dal coro dei ministri, che sono spesso incerti ed incapaci. Portate poi le leggi in Parlamento, ciascuno dei presenti voterà, di destra o di sinistra, il documento di cui si tratta in piena libertà, come gli detta la propria coscienza, non già seguendo questa o quella parte. Se si agisce con garbo e competenza, governare così diventa un’arte. In Italia il popolo “sovrano” è una bugia, se non lo si consulta direttamente, come si faceva un tempo in Grecia e nell’antica Roma. “Democrazia” è il “potere del popolo”, che viene prima del Governo in quanto è lui ch’elegge i propri governanti. Pertanto, il capo del Governo e il capo dello Stato, nel caso d’una legge impegnativa che riguarda il popolo, dovrebbe consultarlo a tu per tu, come accadeva appunto nei comizi di Roma antica. Spesso, nel Ventennio, Benito Mussolini affacciato al suo balcone interrogava il popolo raccolto e traboccante nella grande piazza, gridando forte: “Lo volete voi?”. Perché mai dunque il capo dello Stato e del Governo non fanno altrettanto parlando agli Italiani dal balcone, come accade nelle altre nazioni? Non per festeggiare una vittoria, come fece Luigi Di Maio coi ministri dei Cinque Stelle, mentre nella piazza i suoi parlamentari gli gridavano: “Noi siamo il cambiamento”. “Un’inquietante scena!”, disse qualcuno, “una vergogna!”. Fanno le leggi i lurchi e poi festeggiano, alla faccia del popolo sovrano.

Caro Matteo, la stima che ho di te

tale e quale è rimasta, anche se poi

t’han fatto conciofossecosaché.

Sei sempre in gamba nei discorsi tuoi,

non c’è miglior politico per me.

 

Perciò ti dico: Su, vieni da noi:

con Forza Italia, Italia Viva è

sempre l’Italia, un popolo di eroi

che insieme gioveranno al Bel Paese.

 

Con una Destra forte ed operosa

finiranno le solite contese:

l’Italia sarà tutta un’altra cosa.

 

Mai nella Storia tanto in basso scese.

I “grazie a te” ti pioveranno a iosa.

Aggiornato il 15 gennaio 2021 alle ore 11:34