Il fallimento incombe sul G7

Nell’ultimo summit del Gruppo dei Sette (G7), il forum intergovernativo creato nel 1976, oggi composto da Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti e i rappresentanti dell’Unione europea, svoltosi in Cornovaglia, nel Regno Unito (11-13 giugno), c’era molto sul tavolo: dal cambiamento climatico alla pandemia fino alla ripresa economica globale.

Tuttavia, questo famoso “vertice” che rappresenta il mondo occidentale è ormai uno spettacolo che ha perso lustro e autorevolezza essendo la fiducia del suo elettorato scesa ai minimi storici. Dal punto di vista economico e sociale, il mondo occidentale è alle corde da tempo. Raggiunta ormai una condizione di fine partita, oggi i suoi governi fingono solo di rappresentare il popolo mentre tentano di trarre vantaggio dalla situazione per strappare e consolidare rapacemente più ricchezza e potere possibile, lasciando i loro elettorati in uno stato di profonda insicurezza. È l’atteggiamento tipico che precede il collasso di una civiltà.

Le prospettive occidentali non sono rosee. Gli Stati Uniti sono completamente disuniti, divisi non tra Nord e Sud ma tra rosso e blu: negli Stati blu (democratici) i bianchi americani sono considerati oppressori razzisti sistemici dei neri e autori del genocidio delle tribù native. Si parlava di pagare un risarcimento, ma ora l’enfasi è sull’eliminazione della “bianchezza”. Per altri significa eliminare la cultura occidentale. L’atmosfera è da guerra civile.

Anche l’Europa è divisa politicamente e lo diventerà sempre di più. La migrazione incontrollata di milioni di persone di lingua, religione, culture diverse distruggerà la vecchia cultura causando disordini e antagonismi etnici. Per molti versi, ciò che sta accadendo ora è paragonabile a ciò che è accaduto 2000 anni fa con la migrazione dei barbari del Nord germanico nell’Impero romano ma potenzialmente più grave. I Paesi europei occidentali sono Stati assistenziali che dovranno sussidiare milioni di africani che emigreranno nelle terre d’origine dei loro ex padroni coloniali. I colonizzatori europei saranno colonizzati. L’Unione europea si disintegrerà sotto il peso di tasse e disordini civili.

Nazioni e civiltà crollano perché prima di tutto rovina il loro sistema di credenze: quello dell’Occidente era basato sulla fiducia nell’individuo, sull’inviolabilità dei diritti di proprietà, sulla fiducia nel mercato e sulla fede cristiana, tutti capisaldi minati dalle élite politiche contemporanee.

In questa atmosfera di pre-collasso, i politici del G7 hanno usato il dramma del Covid-19 per consolidarsi e la maggior parte della mandria elettorale non ha opposto resistenza alle restrizioni alle libertà a tutti i livelli. Al contrario, le ha accolte con favore, pensando che azioni drastiche l’avrebbero resa sicura. Una società in corso di degenerazione è proprio quella che valorizza soprattutto la sicurezza in nome della quale accetta anche la schiavitù. Comunque, per prevenire scintille di rivolta all’interno dei sistemi politici e non perdere il potere, i governi hanno utilizzato il Covid-19 e utilizzeranno le prossime varianti e nuove pandemie per acquisire il controllo completo sulla popolazione necessario alla pianificazione della transizione ecologica. Quando la popolazione si sveglierà e si renderà conto che si tratta di una transizione totalitaria, ci saranno caos e conflitti ben oltre ciò che è previsto.

Basta leggere il comunicato finale del summit G7, intitolato La nostra agenda globale per ricostruire meglio, che illustra i punti del programma Build Back Better, lo slogan ben assimilato dai leader occidentali coniato nel 2019, un anno prima della diffusione del Coronavirus dal World economic forum (Wef) di Davos presieduta da Klaus Schwab che ha ispirato il G7 a sfruttare la pandemia per realizzare il nuovo ordine mondiale marxista denominato The Great Reset.

L’agenda per ricostruire meglio basata sull’eliminazione dei combustibili fossili assomiglia sia a quella adottata dai comunisti russi per collettivizzare l’agricoltura sia a quella dei comunisti cinesi dopo il grande balzo in avanti maoista. Il piano si basa su riduzioni del 50 per cento delle emissioni di Co2 entro il 2030 e zero emissioni entro il 2050. Tale piano non funzionerà. Perché? Perché i mercati emergenti rappresentano una parte considerevole e crescente delle emissioni e non accetteranno imposizioni dall’Occidente. Ridurre le emissioni significa ridurre la crescita economica nella maggior parte del mondo, essendo i mercati emergenti ancora affamati di energia in quanto non hanno raggiunto gli standard di vita neanche lontanamente vicini a quelli occidentali.

Il piano di “emissioni zero” suona bene finché non si macinano i numeri. La conversione industriale verde implica il massiccio dispiegamento di un’ampia gamma di tecnologie energetiche pulite, molte delle quali a loro volta dipendono da minerali critici come rame, litio, nichel, cobalto e terre rare. Cioè l’implementazione delle tecnologie necessarie per la transizione industriale richiede metalli e metalloidi e quantità molto maggiori di metalli convenzionali. Ma produrre pannelli solari o batterie per auto elettriche necessarie per alimentare la transizione verde darà solo più potere alla Cina. Un’auto elettrica, ad esempio, richiede sei volte l’apporto di minerali di un’auto convenzionale. Ciò significa che i Paesi del G7 per fabbricare auto plug-in avrebbero bisogno di qualcosa come 14 milioni di tonnellate di minerali critici e altri metalli, la cui offerta è saldamente controllata dal Dragone per realizzare la strategia geo-economica della Nuova Via della Seta e creare zone di influenza nell’Eurasia.

Il fallimento incombe sul G7. Sarà necessario uno Stato di polizia in casa propria e uno Stato di guerra fuori per controllare il mercato delle materie prime e costringere Cina e Russia a sottomettersi al Great Reset. Fra qualche anno i Paesi del G7 cadranno in ginocchio e poiché la politica mondiale detesta il vuoto, un’altra potenza ne prenderà il posto per dominare il mondo o gran parte di esso. E non è difficile immaginare chi sarà. A volte le democrazie muoiono di corruzione o di qualche colpo di Stato militare. Altre di stupidità terminale.

Aggiornato il 24 giugno 2021 alle ore 12:28