I “Tendini”

Il movimento delle tende appena nato appare nuovo, una ventata d’aria fresca che viene dai giovani e che tanto ci voleva. Col passare dei giorni sta avendo una diffusione a contagio, e come funghi sembrano uscire gruppi di ragazzi più o meno organizzati che si piazzano davanti o dentro l’università con le loro tende e pretendendo una stanzetta tutta per loro a prezzi bassi in grandi città come Roma e Milano. Guardando ai prezzi di acquisto degli immobili in queste città è evidente che abitare in queste aree è sempre più ad appannaggio di chi ha redditi alti o medio-alti. Anche quelle che un paio di decenni fa erano considerabili aree periferiche sono diventate aree non accessibili ai ceti medio-bassi. Partendo dalla considerazione che esistono altri atenei in cui studiare oltre quelli di Milano, Roma, Firenze o Bologna, il nuovo movimento delle tende sembra non concepire una questione fondamentale: purtroppo questo non è il Paradiso in Terra.

Ogni giovane preferirebbe vivere nei pressi dei quartieri universitari e non passare due o tre ore al giorno nei mezzi pubblici, ma se vogliamo far sì che ogni giovane studente universitario abbia il diritto ad avere un alloggio a prezzi bassi chi farebbe ancora l’università nelle piccole città, allettato dall’idea di vivere tre, cinque o più anni a spese dello Stato in una grande città? Una legge basilare dell’economia dice che non esistono pasti gratis, e se c’è qualcuno che ha uno sconto c’è qualcuno che questo sconto lo paga con le tasse, sempre se non vogliamo ulteriore debito. Pensare di vivere in un mondo in cui si ha il diritto a tutto non è sostenibile, come non sostenibile è credere che tutti abbiano le stesse possibilità di studiare in grandi città o vivere in determinati quartieri in cui si hanno come vicini di pianerottolo un notaio e un grande dirigente d’azienda.

Così vorrebbero vivere i tendini: sveglia alle otto e una maschera al viso, poi scendere al bar di quartiere e far colazione con i colleghi di università e, se capita, anche con il notaio e il dirigente d’azienda. Alle dieci in aula per la lezione di storia del giornalismo, prendendo appunti con l’ultimo modello di pc Apple (perché i figli dei ricchi possono prendere appunti da un computer da mille euro e loro solo da un pc vecchio?). Alle 14 formidabile pranzo in un ristorante stellato, perché chiaramente non è giusto che i figli dei ricchi possano mangiare cibo di grande qualità mentre loro solamente in mensa. Alle 15 si torna in università, con l’obiettivo di andare a lezione, poi però si viene distratti da un collettivo di leninisti-ambientalisti-trans-femministi che organizza una merenda solidale e allora che fai? Non te la concedi un po’ di socialità universitaria? Alle 19, dopo una giornata estenuante, si torna a casa e si scambiano un paio di battute con il dirigente d’azienda.

Scherzi a parte è necessario che la classe politica abbia il coraggio di dire le cose come stanno, e dire chiaramente che è possibile investire più risorse nell’università e negli alloggi universitari ma non è possibile garantire a tutti una residenza in centro città. Con tutta probabilità il governo, e in questo caso la ministra Anna Maria Bernini, ha timore di ciò che può accadere utilizzando toni più netti. Sorge chiaramente il dubbio nella non pianificazione di queste azioni, che nelle modalità sembrano precisamente quelle tipiche dei collettivi di sinistra e di quei movimenti che sembrano sempre la stessa cosa anche se cambiano di veste: sardine, ambientalisti, no trivelle. Perché bisogna pagare l’affitto a uno studente universitario e non a un giovane cuoco? Perché garantire una vita di agiatezza a chi studia e una vita di immensa fatica a chi entra subito nel mondo del lavoro? È necessario investire molto di più nell’istruzione, e soprattutto nelle scuole superiori per far sì che i ragazzi siano in grado anche di avere delle capacità spendibili. Gli universitari oramai sono giovani adulti e se da un lato è possibile dare più agevolazioni, è chiaro che non è possibile garantire tutto. Un ulteriore indizio che a organizzare queste azioni potrebbero essere i soliti gruppi di sinistra è il fatto che per i tendini è possibile piantare le tende davanti o addirittura dentro l’università senza che nessuno li cacci.

Non molti mesi fa alcuni studenti non potevano entrare in università per non essersi vaccinati, altri oggi vogliono una cameretta sopra la biblioteca, scendendo magari ancora col pigiama, la tazza di latte e gli occhi assonnati. Senza entrare nel merito della questione vaccinale è evidente come in quel caso non si abbia avuto la minima preoccupazione nell’escludere dal diritto allo studio molti ragazzi e ragazze, mentre oggi i tendini riscuotono grande successo. Qualche dubbio può sorgere. Quando di mezzo ci sono determinate battaglie alcuni giornali accorrono in massa e il caso monta immediatamente. In questi giorni di polemica su questo tema lavoratori più o meno giovani forse staranno pensando di iscriversi all’università: sempre meglio studiare con la stanzetta pagata dallo Stato a Trastevere che lavorare da mattina a sera abitando in un monolocale in periferia che ti paghi da solo.

Aggiornato il 12 maggio 2023 alle ore 10:43