“Sillabario esistenzialista”: tra Boccaccio, Silone e Camus

Luigi Fenizi, scrittore e saggista marchigiano e romano “d’adozione”, funzionario direttivo emerito del Senato, è già noto al pubblico anzitutto per vari saggi su autori e movimenti “controcorrente”, come Ignazio Silone, Albert Camus, il dissenso sovietico (con speciale attenzione a Varlam Salamov, coi suoi indimenticabili Racconti di “Kolyma). Esce, ora, Sillabario esistenzialista (Roma, Scienze e Lettere, 2022, 15 euro): sono 21 racconti brevi, ognuno dal titolo legato ad una delle 21 lettere dell’alfabeto (sull’esempio dei celebri Sillabari di Goffredo Parise).

Al centro di ognuno di essi, l’imprevedibile altalena della vita: l’amore, certo, ma anche la morte, con gli eterni interrogativi sul Dopo; la sofferenza, il dolore fisico e morale, il tolstoiano alternarsi di Guerra e pace, la pirandelliana solitudine degli anziani, l’impegno civile, la “noia” e la “nausea” già “care” agli esistenzialisti, il pavesiano “mestiere di vivere”. Troppi riferimenti? No, perché Fenizi – che ha adeguatamente assimilato tutti questi autori – dipinge un grande affresco della vita umana in cui si richiama variamente a loro, ma senza mai lasciarsene condizionare: come rileva, nell’attenta postfazione al libro, la scrittrice e insegnante, anche lei marchigiana, Antonella Concetti.

Gli “eroi” e “antieroi” dell’ Autore – dal bambino africano che trascina la sua misera esistenza nell’inferno del Biafra fine anni Sessanta a Faustino, l’anziano portiere d’uno stabile milanese cui è nato un figlio senza una manina, dall’imprenditore italiano che, nella Mosca di Breznev, non cade nella trappola della solita donna sovietica in cerca di marito a Bruno, ragazzo che nell’inverno del 1942, in una città del Nord Italia, sfugge alle attenzioni d’un vecchio, quanto acido, mutilato della “Grande guerra” – cercano, come Viktor Frankl, il senso della vita.

Nell’amara consapevolezza che a volte, purtroppo, la vita si rivela anche priva di senso; e che la storia, persa la “S” maiuscola, spesso si riduce – come capito, a loro tempo, da autori pur diversissimi tra loro come Friedrich Nietzsche e James Joyce – a “merda e sangue”. Ma senza mai perdere, tutti questi personaggi, il richiamo, più o meno consapevole, a un “Bisogno assoluto di testimoniare” che ricorda veramente sia Silone che Camus. Mentre, con la sua galleria di personaggi in quotidiana lotta per la sopravvivenza, Fenizi scrive, diremmo, anche un moderno Decameron: che dal grande Boccaccio riprende – anche con sana ironia – l’attenzione appunto per l’eterna, tragicomica, altalena della vita.

I racconti sono dedicati a tre grandi amici scomparsi dell’Autore. Tommaso, amico sin dall’infanzia con cui la vita è risultata ingiusta, Giuseppe Averardi, a lungo deputato e poi senatore del Psdi, giornalista e storico dalla costante ispirazione riformista (con Eugenio Reale, Michele Pellicani, Tomaso Smith e altri, già fra i transfughi dal Pci all’indomani del tragico 1956), dialetticamente condivisa con Arturo Diaconale; e Luciano Pellicani, già direttore di Mondoperaio, intellettuale tra i più lucidi sostenitori delle ragioni del socialismo riformista contro le funeree realtà del “comunismo reale”.

Sillabario esistenzialista di Luigi Fenizi, Roma, Scienze e Lettere, 2022, 200 pagine, 15 euro

Aggiornato il 14 ottobre 2022 alle ore 11:00