Finalmente il Governo si è accorto di annunciare norme senza coperture

Al momento della verifica delle coperture, al momento in cui si doveva passare dalla fase degli annunci – alcuni patetici come quello in cui il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ci parlò di una manovra “bazooka” di risorse – alla fase delle reali disponibilità delle risorse scopriamo quello che da almeno cinque anni, ripeto sistematicamente: non abbiamo adeguate coperture finanziarie, non abbiamo ciò che in termini più tecnici chiamiamo “cassa”. Anche perché, e ciò è ancor più grave, le risorse che arriveranno dal Recovery Fund, dal Fondo Salva Stati e dal Fondo di Coesione e Sviluppo sono tutte in conto capitale, cioè non possono essere utilizzate per assicurare la copertura di iniziative come gli “80 euro” di renziana memoria o il “Reddito d cittadinanza” o il “Quota 100”. Né potranno essere utilizzate per la vasta serie di “bonus”: eco bonus, sisma bonus, ferro bonus, bonus colf e badanti, ecc..

Di fronte a questa obbligata presa di coscienza, di fronte a questo triste scontro con la realtà, uno scontro che mette in evidenza la superficialità e la incapacità di questa compagine di Governo, prende corpo l’unica possibile soluzione: la vendita di beni immobili dello Stato. Questa patetica soluzione è stata invocata negli ultimi venti anni quattro volte e ogni volta alle stime previste nelle varie leggi finanziarie e variabili tra un valore massimo di 18 miliardi ed uno minimo di 11 miliardi, ha fatto sempre seguito un valore globale, ripeto in 20 anni, non superiore a 180 milioni di euro. Anche quando l’acquirente di beni immobili dello Stato, come le sedi di alcuni Dicasteri, è stata la Cassa Depositi e Prestiti si è poi capito che il costo delle locazioni si è rivelato un vero danno per il bilancio dello Stato.

Ora però, come ho ricordato in un recente blog, il Governo continua a giocare con il fuoco, continua a rischiare moltissimo perché, con una simile tecnica delle “dichiarazioni strategiche indifendibili” perché prive della base finanziaria, rende possibile la nascita diffusa sull’intero territorio nazionale di forme eversive. Infatti, mi chiedo e rivolgo a tutti i lettori del mio blog come potranno fra un mese, al massimo fra due mesi, la Confindustria ed il sindacato contenere la naturale reazione dell’intero sistema produttivo del Paese; in particolare come potrà il segretario della Cgil Maurizio Landini continuare a difendere le scelte di questa compagine di Governo: una compagine di Governo che nei fatti persegue essenzialmente la sopravvivenza del Paese in una delle peggiori recessioni e non persegue nei fatti la crescita.

È interessante anche la tecnica ormai consolidata sia del Conte Uno che del Conte bis: assicurare che ciò che non è previsto in un provvedimento legislativo sarà senza dubbio previsto nel prossimo; con questa tecnica aspettiamo ormai da anni l’attuazione di impegni e di scelte strategiche annunciate e mai, dico mai, attuate. Così nell’attuale Decreto legge “Rilancio” non c’è praticamente nulla per il comparto delle costruzioni, non c’è nulla cioè per sbloccare le opere pubbliche bloccate, non c’è nulla per dare liquidità ad imprese di costruzione che ormai da anni sono in piena crisi; una crisi che ha prodotto 120mila fallimenti, una crisi che ha azzerato oltre 600mila unità lavorative.

La detrazione del 110 per cento per le opere e gli impianti di ristrutturazione immobiliare finalizzati al risparmio energetico e alla tutela ambientale di case e palazzi, senza dubbio è una norma utile per la miriade di piccole imprese edili e rende possibile la sopravvivenza di una fascia di imprese presente in modo capillare sul territorio ma sia per la dimensione economica degli interventi, sia per l’arco temporale di realizzazione di tali attività, non genera un aumento determinante del Pil e, soprattutto, non fa crescere imprenditorialmente l’intero comparto delle costruzioni.

Tuttavia ritengo utile un simile provvedimento ma è sconcertante che nulla si dica nel Decreto legge “Rilancio” sullo sblocco reale delle opere infrastrutturali di rilevanza strategica addirittura sovranazionale, mi riferisco alle opere ferroviarie e stradali e ai nodi urbani ed a quelli logistici (porti, interporti e aeroporti) ubicati sulle reti Ten-T e da anni bloccati da vera incapacità gestionale, da anni bloccati da un Codice Appalti indefinibile, da anni bloccati per evitare di danneggiare la immagine di una parte della compagine di Governo, quella del Movimento 5 Stelle, da sempre contraria alla infrastrutturazione organica del Paese. Una chiara volontà a non realizzare le grandi opere perché convinti che rendendo funzionale la offerta dei servizi di trasporto, rendendo funzionale ed integrata la grande rete infrastrutturale del Paese verrebbe meno quel comodo ed utile dissenso che in questi anni ha fatto crescere il Movimento.

Questa carenza di norme a supporto delle infrastrutture strategiche, sicuramente sconcerteranno anche la ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli in quanto non ci sono le 26 opere prioritarie sbandierate dalla ministra in tante occasioni mediatiche, non ci sono gli attesi cambiamenti del Codice Appalti, non ci sono azioni organiche capaci di ridimensionare la grave crisi dell’intero comparto delle costruzioni; né penso si possa essere soddisfatti della presenza di risorse per progettare l’Alta velocità sulla tratta Salerno-Reggio Calabria, sulla tratta Genova-Ventimiglia o Taranto-Metaponto-Battipaglia in quanto trattasi di azioni solo programmatiche di lungo periodo.

Questa delusione, sono sicuro, troverà una immediata rassicurazione da parte del presidente Conte; quanto prima, preciserà il presidente, il Governo emanerà un nuovo Decreto legge collegato al Decreto “Rilancio” approvato il 13 maggio al cui interno ci saranno ulteriori provvedimenti coerenti con le aspettative dell’intero comparto delle costruzioni.

Spero, che ancora una volta, l’Ance, la Confindustria e l’intero mondo delle costruzioni non continui, come fatto finora ormai da due anni, a credere alle promesse del presidente. Il possibile provvedimento sarà preso dopo la trasformazione in legge del Decreto approvato il 13 maggio e quindi dopo il 14 luglio, cioè a settembre. Occorre quindi che si provveda subito ad inserire un emendamento al Decreto legge “Rilancio” in cui inserire ciò che il Movimento 5 Stelle ha chiesto di stralciare.

Speriamo che gli altri provvedimenti del Decreto legge “Rilancio” non restino, come avvenuto finora in tutti i provvedimenti assunti dai governi che si sono succeduti negli ultimi anni, solo dichiarazioni di buona volontà ma diventino atti concreti e, soprattutto, speriamo che si svegli il Governo e il Parlamento e ci si convinca che la crescita del Pil è più garantita e sicura se si dà ruolo e forza al “conto capitale” e non al “conto esercizio”. È vero che erogando bonus, erogando regalie cresce il consenso elettorale ma è vero anche che in tal modo non cresce il Paese.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 19 maggio 2020 alle ore 16:44