are per fermare il declino”
soffre di solitudine. Un di-
sagio che accomuna in questo pe-
riodo tanti liberali e che può co-
stare un posto in Parlamento. Da
queste parti non c’è spazio per gli
inciuci. Il movimento è guidato da
Oscar Giannino, corre da solo nel-
la campagna elettorale. Obiettivo
4%. E il caso vuole che le percen-
tuali siano uno dei punti interro-
gativi sul suo destino. C’è chi lo dà
intorno al due, chi come
SpinCon.it oltre il quattro, ma a
parte i calcoli e l’aritmetica, l’ele-
mento che più fa riflettere quando
si fa riferimento a loro è perché
Giannino e compagni non abbiano
trovato alleati sulla via delle ele-
zioni. È un partito liberale, liberista
in economia che molto poteva dare
alla neo coalizione centrista, alla
causa del professore, alla sua salita
in cattedra, che pure si pone come
il nuovo della politica per il 2013.
Poteva essere l’alleato naturale. E
invece niente, bocciato. Non piace
ai montiani, probabilmente non
piace neanche a Fini e Casini. Ep-
pure quello che dice ha senso, parla
chiaro e i contenuti del suo sito,
messi nero su bianco, sono di gran
lunga i più pragmatici tra i vari
programmi che si trovano in giro
sul web. Stila dieci punti. E tra que-
sti alternato a riduzione delle tasse
- 5 punti in cinque anni - e del de-
bito, come sesto, c’è la risoluzione
“F
del conflitto d’interessi. Si legge che
sia necessario adottare immedia-
tamente una legislazione organica
per sconfiggere la corruzione. Im-
porre trasparenza, verificabilità dei
redditi, patrimoni e carriere. Se ci
si ferma un attimo su, viene natu-
rale ripensare ai centristi. Cariche
elettive, carriere e subito ci si spec-
chia con una realtà ben definita.
Ecco perché i centristi non lo vo-
gliono, poi escono un paio di agen-
zie e il gioco è fatto. Molti tra gli
eletti nella lista civica di Monti sie-
do ai tavoli di parecchi Cda. Il fior
fiore dei capitani d’industria, l’ari-
stocrazia dell’impresa e della finan-
za che fa quadrato intorno al pro-
fessore con la regia di Luca Cor-
dero di Montezemolo.
«Monti mi ha chiamato e mi ha
detto che alcuni non mi volevano»,
dichiara ieri Giannino. «Ho avuto
l’impressione che fosse Monteze-
molo e l’ho detto al presidente del
Consiglio». Chi vuole la concor-
renza sui treni non la vuole in po-
litica. Sono parole che arrivano dai
microfoni di radio 102,5. Si apre
un mondo dietro le spalle di chi fi-
no a ieri era il re delle cariche in-
cumulabili: Silvio Berlusconi.
I nomi che emergono dalle liste
di Monti fanno sembrare il Cava-
liere uno stagista alle prime armi.
Altro che conflitto d’interessi, altro
che tv. «Monti mi ha detto che
avrebbe adottato parametri stret-
tissimi per la selezione dei candi-
dati». Ma ad oggi l’unico criterio
effettivamente seguito è l’assenza
di criterio. Ci sarebbe bisogno di
dimissioni, passi di lato, rinunce a
molti incarichi per molti dei can-
didati. Le affermazioni di Oscar
Giannino sono dure e vanno, come
spesso gli accade, direttamente al
punto: barattare un Berlusconi con
personaggi più “pericolosi” è ridi-
colo. “Fare per Fermare il declino”
corre senza alleati verso l’election
day e non avrà vita facile. Rischia
di restare fuori dal Parlamento.
Fuori, ma con buon senso.
MICHELE DI LOLLO
II
POLITICA
II
Il Financial Times bocciaMonti (senza appello)
di
MAURIZIO BONANNI
ario Monti, chi? A sentire i
suoi detrattori, il Prof. non
ha acquisito alcuna fama per aver
scritto, che so, un testo fondamen-
tale di economia o di politica eco-
nomica. No, piuttosto i suoi meriti
sono stati insindacabilmente cer-
tificati dalla maestra Anghela, che
l’ha promosso premier, con la
complicità dell’intero arco costi-
tuzionale italiano. Incredibilmente,
non siamo noi, solite malelingue,
a dirlo, ma nientemeno che il
Fi-
nancial Times
di domenica 20
gennaio, che rimanda Monti alle
elementari di economia, con un
articolo corrosivo, a firma del suo
editorialista anglo-tedesco, Wol-
fgang Münchau. Discettando delle
infauste scelte di Monti, l’edito-
riale parla di «un ennesimo errore
di giudizio, da parte di un governo
europeo, sul prevedibile impatto
dell’austerity. L’economia italiana,
infatti, non cresce da un decennio,
e il paese è afflitto da una reces-
sione profonda e duratura». E
Monti, una volta insediatosi, che
fa? Risposta di Münchau: «Ha so-
lo promesso riforme, aumentando
da subito le tasse. Il suo governo
ha tentato di introdurre modeste
riforme strutturali, che sono state
del tutto vanificate, a causa della
loro insignificanza macroecono-
mica. Complimenti, Prof!
Per di più (sintetizzo io), Monti
non ha posto le sue condizioni alla
Merkel (per aderire al
fiscal com-
pact
) -come invece aveva fatto,
M
prima di lui, il premier spagnolo
Rajoy - in modo da condizionare
la permanenza dell’Italia nell’Eu-
ropa, nell’ordine: a un’appropriata
Unione bancaria (he tuteli le ban-
che private dal rischio di insolven-
za); all’emissione di eurobond; a
politiche economiche più espan-
sioniste da parte di Berlino, obbli-
gandola ad aumentare le sue im-
portazioni di beni e servizi dai
paesi in crisi dell’Unione. Se ne de-
duce, leggendo
Ft
, che il Prof. sia
stato “rimandato” - dagli inglesi
sempre più euroscettici - alle ele-
mentari di economia. Intanto, noi
cittadini continuiamo ad assistere
a una campagna elettorale priva
di domande e di risposte a que-
stioni fondamentali. Ne riproduco,
di seguito, un mio breve elenco.
Primo: chi, come e perché ha
deciso di deflazionare brutalmen-
te, al momento del
“change-over”
lira-euro, del 50% il potere di ac-
quisto degli italiani, facendo pa-
gare un euro, ciò che prima valeva
mille lire? Abbiamo forse obbedi-
to, all’epoca, a un preciso diktat
franco-tedesco? Secondo: chi, co-
me e perché ha favorito l’immensa
bolla immobiliare, dal 2002 in
poi, che ha visto la concessione “a
pioggia” di mutui immobiliari alle
famiglie italiane, lasciando che un
immobile, quotato in lire, raddop-
piasse letteralmente il suo valore
in euro? “Qualcuno” non aveva,
forse, scommesso sul medesimo
meccanismo americano dei mutui
sub-prime
, che fondava la sua
ra-
tio
di rapina sul falso fenomeno
della crescita costante del valore
degli immobili, grazie al quale le
famiglie super indebitate avrebbe-
ro potuto trarre profitti, rivenden-
do la casa che non potevano più
pagare? Terzo: chi, come e perché
non ha ritenuto, a cavallo del pas-
saggio lira-euro, di mettere multe
milionarie (in euro) alle molte mi-
gliaia di commercianti, che hanno
speculato sulle giacenze di magaz-
zino, raddoppiando i prezzi della
merce in deposito? Quarto: che si
aspetta a dire a Draghi che la pri-
ma cosa che l’Italia deve fare è
quella di saldare, nell’immediato,
l’immenso debito della Pubblica
Amministrazione nei confronti dei
privati? È, forse una sciocchezza
quella di proporre che sia lo stato
a indebitarsi, per gli importi do-
vuti (75 miliardi di euro), chieden-
do “lui” i soldi alle banche? In
cambio, il nostro Tesoro potrebbe
offrire - magari garantendoli con
le sue riserve auree - titoli del de-
bito pubblico a un tasso calmie-
rato, che so, del 3%, affinché gli
Istituti di credito interessati pos-
sano, a loro volta, chiedere la cor-
rispondente liquidità alla Bce di
Draghi, pagandola a un saggio
“politico” dell’1%, in modo da lu-
crare per sé un onesto interesse
aggiuntivo del 2%?
Ultima cosa. Non occorre ta-
gliare posti di lavoro nel pubblico
impiego, per ridurre la spesa dello
stato. Basta riflettere (lo ripeto per
la millesima volta!) sulla possibi-
lità di risparmiare centinaia di mi-
liardi, facendo lavorare gli impie-
gati (tutti) da casa loro, con
strumenti sul modello della “scri-
vania digitale” (vedi politica azien-
dale della Siemens). Nessuno vi
sta dicendo, miei cari concittadini,
che il 60% delle vostre tasse se ne
vanno per pagare una miriade
sconfinata di inutilissime attività
di “auto-amministrazione”, cioè
di qualcosa che non solo non vi
riguarda assolutamente, ma che
non serve a un bene amato nulla?
Abbattere le cittadelle e i fortilizi
amministrativi, con i loro terribili
sprechi occulti, potrebbe contri-
buire a liberare immense risorse
per gli investimenti e per il welfa-
re, che non ci riusciamo più a pa-
gare. Basterebbe dividere con mi-
lioni di impiegati pubblici,
frustrati e malpagati, parte degli
immensi risparmi potenziali, otte-
nuti svuotando gli uffici burocra-
tici e digitalizzando solo le carte
“utili”, per produrre beni e servizi
al cittadino.
Lasciamo “attivamente” a casa
i nostri burocrati, affinché gua-
dagnino il giusto - grazie alle im-
mense potenzialità della Rete -,
garantendo, per di più, in prima
persona tempestività e qualità al
lavoro prodotto, per rilanciare la
crescita economica globale del-
l’Italia. Chi fa campagna per dire
al paese queste semplicissime co-
se? I “Moderati in Rivoluzione”,
forse?
Quella pericolosa solitudine
di Fare per Fermare il declino
Cresce la sfiducia
in tutte le istituzioni
K
Oscar GIANNINO
taliani sempre più sfiduciati e
delusi dalle istituzioni e da chi
le rappresenta.
È il dato che emerge dall’an-
ticipazione di alcuni dati del
“Rapporto Italia” curato dall’Eu-
rispes, che sarà presentato il pros-
simo 31 gennaio. Rispetto alle
percentuali dello scorso anno, si
registra un calo brusco di fiducia
verso il Quirinale e il Vaticano,
si conferma l’ultimo posto per i
partiti, mentre vanno in contro-
tendenza la magistratura e le For-
ze armate. In particolare, la fidu-
cia degli italiani per il presidente
della Repubblica scende dal
62,1% al 44,7%.
«Ancora non è chiaro se il
Capo dello stato sia entrato nella
spirale della sfiducia, ormai
strutturale, che gli italiani nutro-
no nei confronti dell’intero siste-
ma politico - spiega Eurispes -
ma la sensazione è che tale risul-
tato possa essere in buona parte
attribuito al sostegno dato al go-
verno Monti». In declino anche
il governo che passa dal 21,1%
al 15,9% e il Parlamento che
scende dal 9,5% al 9%. All’ulti-
mo posto della fiducia vengono
confinati i partiti con appena il
7,3% mentre va meglio ai sinda-
cati a quota 19,5%.
In controtendenza la magi-
stratura, verso la quale i consen-
si degli italiani salgono dal
I
36,8% al 42%. In rialzo anche
le Forze armate dal 67,8% al
71,3%. Si conferma alto anche
il gradimento verso le forze
dell’ordine e di sicurezza: i Ca-
rabinieri sono al 76,3% la Poli-
zia al 75% la Guardia di finanza
al 71% ma la vetta appartiene
alla Forestale con il 77,1%.
Molto più in basso i servizi se-
greti ma comunque in aumento
dal 40,6% al 45,3%. Quanto al-
la Chiesa, subisce un brusco calo
di fiducia, crollando dal 47,3%
dello scorso al 36,6% attuale.
Il “Rapporto Italia” di Euri-
spes prende in considerazione, in
questa sezione dedicata alla fi-
ducia degli italiani verso le isti-
tuzioni, anche altre realtà. Ad
esempio, il mondo del volonta-
riato che viene gratificato con un
buon 75,4% confermando «il ri-
conoscimento per l’impegno, il
lavoro e i risultati ottenuti sul
territorio a sostegno delle fragi-
lità sociali e del disagio».
Buona anche la performance
delle associazioni in difesa dei
consumatori, che si attestano al
63,8% mentre la Pubblica Am-
ministrazione convince solo il
17,6%.
In generale, osserva il presi-
dente di Eurispes, Gian Maria Fa-
ra, «siamo di fronte a una insod-
disfazione che non ha precedenti
nella storia recente italiana».
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 25 GENNAIO 2013
4
1,2,3 5,6,7,8