La “bonifica bellica” secondo Orabona

Paolo Orabona è un ingegnere, presidente e amministratore delegato dell’Assobon: associazione che riunisce la maggior parte delle imprese del settore “bonifica bellica”. Settore di ultra specializzazione, che vede eccellere gli italiani nel mondo. L’intervista svela al lettore un settore di cui il grande pubblico sa poco, riaffermando il concetto del primato industriale del Belpaese.

Presidente, cos’è Assobon?

L’associazione che riunisce la maggior parte delle imprese operanti nel settore della bonifica bellica. Nonostante siano trascorsi più di settant’anni dalla fine del secondo conflitto mondiale, numerosi sono ancora oggi i rinvenimenti: i dati del ministero della Difesa riportano ritrovamenti nell’ordine di circa 100mila l’anno, e a seguito della bonifica preventiva. Questo settore rappresenta una nicchia di specializzazione italiana, a supporto, in particolare, della realizzazione di infrastrutture, complessi edilizi, stesura di condotte.

Come nasce la sua associazione e qual è la sua mission?

La considerazione preliminare è che a commissionare l’attività di bonifica bellica sono generalmente enti o imprese, che devono realizzare interventi sul territorio e, data la situazione economica attuale, si tende sempre a ridurre i costi. Ma nel caso della bonifica bellica le eccessive economie sono pericolose. Si tratta di far capire ad enti ed imprese che il rischio esiste e le “sorprese” sono sempre in agguato. Le notizie di stampa riportano generalmente solo i casi più rilevanti, quali la bomba d’aereo che per essere rimossa richiede l’interruzione di una strada o di una ferrovia. L’ubicazione dei ritrovamenti è difficilmente prevedibile, in quanto l’intero territorio nazionale è stato impegnato da attività belliche: nel nord-est si ritrovano ancora ordigni risalenti alla Prima guerra mondiale.

Tecnologia e preparazione professionale sono imprescindibili dalla qualità del vostro lavoro. In che modo avete sviluppato questi fattori?

La preparazione del personale è fondamentale, sia per la sicurezza degli stessi operatori che per l’efficacia dell’azione di bonifica eseguita. Il personale è dotato di appositi brevetti, rilasciati dal ministero della Difesa a seguito di corsi tenuti dallo stesso ministero. Le tecnologie impiegate sono di tipo tradizionale per quanto riguarda il principio fisico adottato: cioè metal detector, ma si tratta di strumentazione sempre più sensibile ed affidabile, da tenere sempre in perfetta efficienza. In effetti in Italia gli ordigni bellici utilizzati sono tutti metallici, salvo rarissimi casi mine anticarro tedesche, quindi gli strumenti a sensibilità magnetica sono i più adatti.

Le ultime missioni in cui vi siete cimentati?

Tra i lavori più impegnativi degli ultimi anni, certamente la linea ad alta velocità ferroviaria ha rappresentato un impegno notevole. Basti ricordare che la Napoli-Roma attraversa il territorio di Cassino, dove i ritrovamenti sono stati oltre 3mila e altrettanti sono stati quelli della linea Bologna-Firenze, altra zona interessata da violenti combattimenti.

Cosa dovrebbero fare le istituzioni secondo le vostre richieste, ovvero a vostro parere su quali aspetti occorrerebbe un’attenzione normativa del legislatore?

Dal punto di vista normativo c’è da registrare la recente Legge del 1 ottobre 2012 (n. 177), che modifica il d. lgs. 81/2008, introducendo l’obbligo di valutare tra i rischi quello del rinvenimento di ordigni e residuati bellici durante l’attività di scavo. Evidentemente un passo notevole nel miglioramento degli standard di sicurezza sui cantieri, ma questo passo richiede ancora un’azione da parte del ministero della Difesa affinché si producano effetti concreti: la legge 177/2012 prevede un decreto interministeriale per la costituzione di un Albo al quale iscrivere le ditte abilitate, allo stato attuale esiste un elenco di ditte idonee sulla base di controlli parziali, a nostro parere insufficienti. C’è anche da evidenziare che quest’ultimo provvedimento doveva essere pronto dall’aprile scorso e sembra che presto sarà varato.

Mi riallaccio alla precedente domanda: l’Italia in questo campo fa scuola o dobbiamo ritenerci indietro rispetto alle normative europee?

Sicuramente in Italia questa attività, iniziata nel 1946 e regolamentata dal d. lgs. 12.4.1946 (n. 320), è stata sempre eseguita con professionalità ed attenzione da parte delle ditte abilitate, con il controllo degli Uffici del Genio preposti al rilascio delle autorizzazioni e alle verifiche circa la corretta esecuzione dell’attività di bonifica. Al riguardo c’è da dire che il personale militare impegnato nei due unici uffici in Italia, quello di Padova e quello di Napoli, si impegna al massimo per contenere i tempi delle procedure. La legge 177/2012 ha giustamente inquadrato il problema della bonifica bellica nel contesto più generale della sicurezza sui cantieri, attribuendogli il giusto rilievo e ponendo la soluzione del problema in linea con i principi delle direttive europee.

Quale potrebbe essere la prospettiva futura per il settore?

Una maggiore sensibilizzazione degli enti interessati alla bonifica bellica delle aree oggetto degli interventi di propria competenza, affinché possano appaltare direttamente la bonifica, dando all’impresa appaltatrice l’area già bonificata. Questa sicuramente potrebbe rappresentare la strada più corretta. Mentre sul piano tecnico, per migliorare ancor più l’aspetto affidabilità, si potrebbe pensare a sistemi di tracciabilità degli operatori in campo. Oggi, però, la cosa della quale più si sente la mancanza è l’istituzione di un albo che imponga il massimo rigore, e in un’attività che mantiene tutta la sua delicatezza.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:48