Il disastro del semestre   italiano in Europa

L’Italia sta uscendo dal semestre europeo alla Presidenza senza avere combinato niente. Il risultato è zero. Niente sul Made in, niente su immigrazione e sbarchi, niente sull’esclusione del cofinanziamento nazionale dei fondi europei nel calcolo del rapporto deficit /pil.

Sarebbe stato utile all’Italia potere inserire sui prodotti alimentari la dicitura Made in Italy , per fare la differenza e guadagnarci, ma niente. Il manifatturiero italiano è stato mandato a quel Paese, a differenza dell’attivismo di Germania, Danimarca e Olanda che, tra le più contrarie, hanno posto il veto in uno scambio di voti e favori, per avvantaggiarsene. Con la presidenza lituana, successiva tra tre mesi a quella italiana, sarà difficilissimo che la questione venga “riesumata”.

Sull’immigrazione e gli sbarchi, che sia Mare nostrum o Frontex plus, ce li teniamo tutti, gli immigrati sbarcati ormai a migliaia. Dall’Europa “unita” non sono arrivati né soldi né solidarietà. Niente. L’Italia è e rimane oberata e sola, e dell’auspicato sistema di asilo unico europeo non si parla neanche più, segnale evidente di incapacità e disinteresse dell’intera unione europea. Si sarebbe dovuto porre con forza la questione e rivendicare una soluzione possibile ma niente. Sarebbe potuta essere quella di investire fattivamente l’Organizzazione delle Nazioni unite, noto stipendificio di lusso, e anche il Vaticano cui invece il sindaco di Roma ha recentemente ingiustificatamente fatto gli sconti su utilizzo e percorribilità del territorio italiano da parte dei vettori vaticani. Mentre lo Stato italiano paga abbondantemente allo Stato del Vaticano utenze e servizi, sarebbe stato quantomeno decente contrattare e chiedere allo stesso, prezzi più alti da introitare a favore della città di Roma e, soprattutto, per altrettanta decenza, di occuparsi, almeno, degli immigrati in difficoltà. Dov’è Papa Francesco fashion? Vogliamo aiutarli pietosamente questi immigrati o non fa abbastanza notizia? Le foto vengono male? Non è stato fatto niente neanche sulla riforma della flessibilità di concessione dei visti per i turisti extraeuropei per l’Expo, né sul tema dell’esclusione del cofinanziamento nazionale dei fondi europei dal calcolo del rapporto deficit pil per classificarli come risorse a favore di investimenti, crescita e occupazione e neanche sul taglio di oltre un miliardo di impegni di pagamento per quei Paesi membri che devono ancora ricevere i fondi 2007/2013.

Nessuna novità sul fronte del fiscal compact che, lungi dall’averne sinora eccepito l’illegittimità, scatterà tra qualche mese, nel 2015, ed il cui rinvio al 2017 (la Francia l’ha già avuto) comporterà sanzioni per circa cinque miliardi con deposito infruttifero presso la Banca centrale europea a fronte di tagli pari a quarantacinque miliardi l’anno per venti anni.

Tutto questo è il risultato del “lavoro” di chi non deve mai rispondere a nessuno ma solo guadagnare per sé stando seduto ad aspettare lo stipendio pubblico, nazionale o europeo. Chi ha firmato ad esempio il fiscal compact per l’Italia? Chi l’ha ratificato e fatto inserire tra gli obblighi italiani in Europa? Quale Parlamento c’era in Italia? Da chi era composto? Quali erano le forze politiche che hanno preso lo stipendio dagli italiani portando il Paese alla rovina? Chi non è in grado tuttora di fare passare Made in e ogni altra possibile politica a vantaggio per l’Italia?

L’Italia, che spenderà ben sessantotto milioni di euro per il proprio semestre alla presidenza, si complimenta e ringrazia.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:16