Corte: niente welfare agli immigrati inattivi

Un cittadino dell'Unione europea economicamente inattivo non può chiedere di beneficiare di aiuti sociali in un Paese dell'Unione nel quale risiede. La Corte di giustizia europea lo ha affermato lo scorso 11 novembre nel caso C-333/13 Elisabeta Dano, Florin Dano c/Jobcenter Leipzig, mentre alcuni Paesi, come la Gran Bretagna si accingono a mettere un freno alla libera circolazione delle persone in Europa. Due rumeni, madre e figlio, in Germania si sono visti quindi negare le prestazioni assicurative di base e hanno chiesto spiegazioni presentando ricorso al tribunale tedesco di Lipsia, il quale ha affermato che la donna non risultava avere una occupazione, né di stare cercandola, quindi di non avere diritto.

La Corte di giustizia europea, interpellata dal tribunale tedesco, ha deciso così in base alla applicazione della Direttiva “Cittadino dell'Unione” – direttiva n. 38 del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il Regolamento europeo n. 1612/68 - affermando che, durante i primi cinque anni del soggiorno all'estero, la Direttiva stabilisce una serie di regole in base a cui il Paese ospitante è tenuto a garantire prestazioni sociali di carattere non contributivo “a condizione che le persone economicamente inattive dispongano di risorse proprie sufficienti”. Testualmente la Corte si è espressa nel senso per cui “where the period of residence is longer than three months but less than five years (the period which is at issue in the present case), one of the conditions which the directive lays down for a right of residence is that economically inactive persons must have sufficient resources of their own”. I giudici europei hanno ricordato anche che in tal modo “si intende impedire che cittadini economicamente inattivi utilizzino il sistema di protezione sociale dello Stato ospitante per finanziare il proprio sostentamento”.

In un contesto di grande incertezza economica e di forte fragilità politica, gli Stati europei stringono le maglie. Così è la Corte europea di Lussemburgo stessa a statuire che i due cittadini rumeni non dispongono di risorse sufficienti e che non possono pertanto rivendicare il diritto di soggiorno in Germania in forza della direttiva “Cittadino dell'Unione”. Dovrà adesso, alla luce di quanto stabilito dalla Corte europea, prendere una decisione in merito il tribunale nazionale tedesco.

La netta presa di posizione della sentenza europea arriva mentre molti Paesi europei vogliono limitare in un modo o nell'altro la libera circolazione delle persone. La Germania ha già deciso di limitare l'accesso degli stranieri, anche europei, al suo sistema di welfare, e la Gran Bretagna di David Cameron è pronta a limitare il numero di ingressi nel suo Paese. Il significato politico della decisione europea è evidente.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:13