Europe-Italy: the problem is...

L’unificazione europea, da una ventina d’anni a questa parte, è avvenuta con una forte inclinazione verso la centralizzazione e la burocratizzazione del processo decisionale, accompagnata peraltro a progressivi incrementi della spesa pubblica al fine di ricercare ed ottenere il consenso.

Il fallimento di questa Europa è, in pratica, il risultato della degenerazione del processo di unificazione sviluppatosi in modo errato. Come negli Stati nazionali, come in Italia ad esempio, allo stesso modo in questa Europa, le decisioni e l’intero processo decisionale è stato via via centralizzato, burocratizzato, sino a divenire, ai nostri occhi, l’unico sistema politico operante. Si tratta tuttavia di un modello sbagliato, un non-modello da non seguire, sulla cui strada non bisogna perseverare, perché è il sistema della vecchia Urss e del socialismo reale del dopoguerra; un sistema cioè che la storia stessa ha ripetutamente bandito ed escluso decretandone e poi certificandone il fallimento totale, umano-sociale quanto amministrativo-politico. È stato cioè dimostrato molto bene che qualsivoglia unificazione politica raggiunta e poi mantenuta tramite una concezione dirigista del potere politico centralizzato è un errore della storia che produce danni, a cominciare dalla gestione stessa dell’economia.

Con l’Illuminismo la creatività dell’individuo era stata posta alla base dell’attività dello Stato moderno, ma per i corsi e ricorsi della storia si è successivamente ripiombati - con l’avanzata degli Stati nazionali - alla centralità, o meglio all’accentramento, alla burocrazia ed ai fallimenti economici degli Stati e delle entità statuali. Questo sistema va cambiato perché oggi, con la crisi della Grecia a fare da più che campanello d’allarme, si è alla catastrofe, al disastro statuale ed europeo insieme.

Si pensi solo al cosiddetto vincolo esterno, cioè all’obbligo di sottostare a parametri europei scritti neanche tramite Trattati, che, lungi dall’agire da correttivo, incoraggia le gestioni fallimentari degli Stati membri, lasciando loro in dote instabilità economica. Oggi quindi o si cambia il “modello” e sistema politico o non se ne esce. Sarà sempre più crisi della politica, delle società europee e di questa Europa, senza alcuna innovazione o cambiamento.

Luigi Einaudi ha incitato, come può incitare un piemontese monarchico del 1874, ad una rivoluzione in senso liberale dello Stato italiano e dell’Europa. A distanza di quasi 150 anni, forse, mutatis mutandis, adeguandola alle circostanze attuali, la rivoluzione andrà quantomeno intrapresa. A cominciare dalle componenti base del liberalismo quali sono l’efficienza, la semplificazione, lo Stato minimo, la scarna tassazione e l’equità fiscale, a cascata, quale effetto, sociale. Un’ottima rivoluzione liberale italiana ed europea portata avanti da governo e parlamenti eletti dai cittadini italiani ed europei che guardano coraggiosamente al futuro.

 

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:26