Coraggio e realismo <br/>per far crescere il Pil

Dare la colpa alla paura, che ovviamente è quella che è in questo frangente, è la più classica delle ipocrisie politiche di un Governo che continua a far finta di non vedere e di non sapere quel che servirebbe al Paese per sperare di potersi risollevare. L’Italia, infatti, non è un malato qualsiasi e come tale avrebbe necessità di una terapia talmente diversa da quella utilizzata fino ad ora, che anche il più improvvisato dei soggetti capirebbe. Inutile dunque insistere con bombardamenti di felicità mediatica, con interviste a tutta pagina su un’accelerazione economica potente, sugli effetti di una medicina che al massimo abbassa di un grado una febbre alta per via di un virus talmente forte da richiedere un medico con gli attributi piuttosto che uno sciamano.

È di tutta evidenza, infatti, che crescere dello zero virgola qualcosa, nonostante la contemporaneità di fattori così propulsivi del contesto economico-finanziario generale, rappresenta già di per sé un fallimento della cura adottata. Euro svalutato, petrolio in svendita e un Quantitative Easing senza precedenti; se fossero stati accompagnati dalla cura giusta avrebbero dovuto generare crescita del due/tre per cento, a significare una svolta produttiva reale e concreta. Il fatto invece che, da noi, si continui ad arrancare intorno a decimali di Pil, in più o in meno, la dice lunga sul pericolo enorme che stiamo correndo e in mancanza di onestà intellettuale, purtroppo, ce ne accorgeremo di qui ai prossimi dodici/diciotto mesi. Basterebbe pensare al più elementare dei termometri, quello fiscale, per capire che un Paese in cui esplode il rateizzo fiscale a tutti i livelli, l’insolvenza cosiddetta di sopravvivenza, il contenzioso e le liti con Equitalia e Agenzia delle Entrate e la mancanza di liquidità per stare al passo con l’ossessività impositiva, è un Paese che rischia non solo il collasso economico, ma la rivolta dei contribuenti schiacciati da una pressione persecutoria insostenibile.

Eppure, da noi, si fa finta di non vedere e ipocritamente si aumenta l’ossessività impositiva e psicologica del sistema, spavaldamente si straparla di fisco amico, benevolo e semplificato, come se i contribuenti fossero dei poveri cretini. Ma fisco a parte, sul quale sarebbe indispensabile pensare a un intervento di pacificazione che consentisse a tutti di rimettersi a galla e sul pulito risolvendo almeno le pendenze di qualche decina di migliaia di Euro, che sono le maggiori, da noi manca la terapia d’urto su tutto il resto. Manca il coraggio di mettere mano ai diritti acquisiti in materia previdenziale, sulle pensioni d’oro, sui vitalizi, sulle leggi di privilegio dell’apparato pubblico e sui vantaggi salariali di molti enti di Stato, che sembrano il Bengodi.

Manca il coraggio di chiudere o privatizzare interamente, e non parzialmente, un’infinità di carrozzoni di Stato inutili e vergognosi che solamente il privato potrebbe, semmai, far filare dritti; manca il coraggio di tagliare per sempre una serie inaccettabile di finanziamenti a pioggia a favore di organismi clientelari e antieconomici. Manca il coraggio di applicare la sussidiarietà territoriale, togliendo dalle mani degli enti locali tutto ciò che questi utilizzano non per il bene collettivo ma per sperperi, fini politici, elettorali e di partito. Manca, infine, il coraggio di tagliare i super stipendi in deroga di un’infinità di aziende pubbliche o para-pubbliche e dimezzare senza pietà tutti i costi della politica centrale e locale.

Solo così, solo togliendo tutto questo fardello dalle spalle ormai piegate di un Paese che arranca disperatamente, la barca può recuperare velocità e linea di galleggiamento, solo ripristinando la pace fra Stato e contribuenti la gente potrà tornare a spendere e investire, solo rivoluzionando le vergogne previdenziali il welfare tornerà davvero sostenibile. Solo estirpando quei focolai virali esiziali, noti a tutti, il Pil tornerebbe a salire del due/tre per cento per consumi, investimenti, produzione.

La paura, l’ansia, la rabbia si sconfiggono con i fatti, con gli esempi, tendendo una mano e ripristinando il patto di fiducia con la gente, altrimenti mettiamocelo in testa, con il debito e le liti fiscali che abbiamo e con lo statalismo che ci portiamo addosso e i privilegi che insistiamo a mantenere, non solo interviste e chiacchiere non serviranno, ma prima o poi i mercati torneranno all’attacco e nemmeno Mario Draghi potrà salvarci.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 15:25