Una storia scontata

Non ci invitano neanche più ai vertici, perché in fondo per loro (Merkel, Hollande, Juncker) che l’Italia ci sia o no è piuttosto ininfluente e comunque inutile.

Inutile perché sanno come farci stare buoni, inutile perché sanno che una sorta di impegno all’obbedienza lo trovano comunque, inutile perché non ci riconoscono alcun potere contrattuale. Del resto un Paese come il nostro, che da Mario Monti in giù si è fatto legare la corda intorno al collo pur di avere in cambio un po’ di tolleranza, un po’ di flessibilità e qualche nuovo spicciolo sui fondi disponibili, non può incutere alcun timore.

Cari amici, la storia è questa e uno dei principali motivi per i quali Silvio Berlusconi fu defenestrato a favore di Monti è proprio il fastidio, il contrasto, l’opposizione che il Cavaliere insieme a Tremonti manifestava allo strapotere Ue. Berlusconi, infatti, più che in Italia era mal sopportato in Europa, era considerato una mina vagante pericolosa per il compimento di una serie di progetti utili a risolvere i problemi degli altri, soprattutto della Germania. Come se non bastasse, al fianco del Cavaliere, Tremonti non era un ministro facile da maneggiare per la Ue e la sua grande preparazione sui temi generava un’altra insofferenza. Ecco perché il disarcionamento del Governo Berlusconi è nato in Europa, ecco perché la decisione di sostituirlo con Monti era già scritta, ecco perché tante cose non sono state casuali. Perfino la precedente nomina di Mario Draghi alla Banca centrale europea non è stata un caso, ma il frutto di un ragionamento molto più complesso e articolato che riguardava il nostro Paese.

Insomma, il vero problema era quello di mettere l’Italia al riparo dai cosiddetti colpi di testa, o per dirla meglio di evitare che si mettesse di traverso a un percorso programmato dai più alti centri di potere europei. In buona sostanza, tutto quello che in quel periodo (ci riferiamo al 2011) è accaduto non è stato un accidente, ma un disegno politico. La contropartita di tutto ciò non poteva che essere una sorta di commissariamento occulto, di obbedienza sostanziale, di perdita del potere contrattuale sulle faccende importanti. Certo, l’Italia andava comunque tenuta in piedi, bisognava evitare un suo tonfo ed escludere che in fibrillazione ci entrasse sul serio e qui la capacità di Draghi, la sua esperienza straordinaria e il suo potere hanno fatto il resto. Ecco perché nessuno ci toglie dalla testa che il vero disegno sull’Italia sia quello di far tirare avanti Matteo Renzi fino alla scadenza del mandato di Draghi, per potergli poi consentire di sostituirlo a Palazzo Chigi.

Sia chiaro tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e il mare, e in questo caso sarebbero le prossime elezioni politiche, ma a risolvere l’enigma ci penserebbe la larga intesa di cui si parla tanto. Insomma, un passaggio di testimone fra Renzi e Draghi risolverebbe tutto e potrebbe addirittura scavalcare ogni possibile esito referendario, poiché è chiaro il pensiero di Mattarella di non sciogliere le camere anzitempo. Infatti, con la vittoria del “No”, che noi sosteniamo, si metterebbe in piedi un governo-tampone per arrivare al 2018, ma anche con la vittoria del “Sì”, difficile ma possibile, si aprirebbe uno scenario simile, con o senza questo Italicum. In buona sostanza, prepariamoci al concetto di larga intesa e di grossa alleanza, dentro la quale ballerà solamente la prevalenza dell’uno o dell’altro schieramento, secondo il risultato elettorale che otterrà.

Comunque sia e comunque vada restano due certezze, quella positiva sulla guida di Draghi al volante del Paese e quella conseguente sullo sbarramento anti-grillino. Al contrario, l’incertezza che ci assilla quotidianamente, vista la drammaticità della crisi che viviamo, sta tutta in una semplice domanda: e se qualcosa andasse storto? Speriamo non accada, perché per come ci hanno ridotti sarebbero dolori. Che Dio ce la mandi buona.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:02