La classe politica senza i fondamentali

“Le Iene” ormai da tempo ci mostrano, attraverso i loro spregiudicati servizi, la crassa ed ignobile ignoranza di diversi parlamentari, ministri, sottosegretari, sindaci, assessori ecc., di qualunque partito e formazione.

Gli esempi abbondano. Chi non conosce l’anno della scoperta dell’America e lo confonde con quello dell’Unità d’Italia; chi non sa cosa significhi Onu e lo confonde con la marca di un detersivo; chi – e son parecchi – non sa riferire i confini della Germania, pur candidandosi al Parlamento europeo; a tacere del ministro Alfonso Bonafede che mostra di avere idee poco chiare su reati dolosi e colposi…

Scoraggiante. Ma purtroppo vero.

Domanda: ma come possiamo affidare le sorti dell’Italia a gente di tal genere?

Lo dico subito. Non appartengo al novero di coloro che affiderebbero le sorti politiche della collettività soltanto agli intellettuali, sulla scorta della lezione platonica, ad una classe cioè per definizione colta e intelligente. Anzi. Gli intellettuali, quando sono stati chiamati ad esercitare compiti di governo, hanno dato spesso pessima prova di sé: basti pensare a Giovanni Calvino, umanista e giurista, ma spietato tiranno ginevrino.

La democrazia esige invece che tutti possano accedere al governo della cosa pubblica, anche senza laurea o titoli di studio particolarmente elevati, anche perché essi, di per sé, non garantiscono un bel nulla.

Per capirci: Benedetto Croce mai conseguì la laurea e anzi aborriva il mondo accademico; Leonardo Sciascia abbandonò la Facoltà di Lettere quando capì che non garantiva una reale trasmissione della cultura; Vincenzo Cardarelli giunse soltanto alla licenza elementare; Salvatore Quasimodo, semplice perito tecnico, non studiò mai a scuola il greco antico.

E tuttavia ciò non impedì a Croce di divenire il più importante filosofo neoidealista europeo; a Sciascia un vero maestro della narrativa nazionale e internazionale; a Cardarelli di redigere tesi di laurea di varie discipline e di vincere il premio Strega nel 1948; a Quasimodo di vedersi assegnare il Nobel della Letteratura per la sua traduzione poetica dei Lirici Greci nel 1959.

Tuttavia, qui siamo davvero caduti troppo in basso. Siamo cioè di fronte alla più completa assenza di quel minimo di riferimenti culturali, senza i quali è assolutamente impossibile non solo governare, ma neppure sapere e capire di cosa si stia parlando.

Per esempio, chi non conosce i confini della Germania, ove sedesse al Parlamento europeo, quando ne dovesse citare la politica agricola o ecologica, di cosa parlerebbe esattamente? Di cosa, se non è in grado di collocarne il territorio in una giusta e realistica misura intraeuropea? Se non sa neppure che essa non confina con l’Italia?

Chi crede che Betlemme si trovi addirittura in Africa cosa potrà mai sapere o capire – non dico apprezzare – in tema di politica mediorientale? Cosa mai ne capirà?

Il vero è che ha ragione Alberto Savinio – fratello di De Chirico – il quale, in una sua gustosa pagina, rileva che i tedeschi non avrebbero dovuto votare a favore di Hitler – consegnandogli il cancellierato – non per aver letto le farneticazioni del “Mein Kampf” e perciò per temerne le mire dittatoriali, ma semplicemente per aver visto gli acquerelli che il futuro Fuhrer aveva realizzato: sarebbe bastato scorgerli, nella loro disarmante puerilità, per negare ad Hitler qualunque consenso politico. Allo stesso modo dovremmo comportarci con la classe politica odierna in Italia. Dovremmo cioè seguire la lezione di Savinio, trasferendola nel nostro tempo.

Così, se uno si vuol candidare al Parlamento, dovrà dimostrare di conoscere almeno i cosiddetti “fondamentali”; che so, la data dell’Unità d’Italia; i nomi dei Presidenti della Repubblica fin qui eletti, almeno i nomi dico, senza pretendere molto altro; chi siano stati De Gasperi, Togliatti e Nenni…

Chi non conoscesse queste elementari ovvietà non potrebbe aspirare ad un seggio al Parlamento, neppure potrebbe candidarsi. Sarebbe pretendere troppo? Non credo. Sarebbe il minimo sindacale. Oggi siamo purtroppo molto al di sotto del minimo. E davvero non si può continuare così, tutti noi vittime di uno sfacelo culturale che si trasforma in una pericolosa insipienza politica, indipendentemente dal partito al quale l’ignorante di turno appartenga.

Dimenticavo. Un politico, interpellato dalle Iene, non sapeva dove collocare geograficamente Gerusalemme. Benissimo: facciamolo ministro degli Esteri!

Aggiornato il 07 gennaio 2020 alle ore 12:21