Giustizia e ingiustizie

Il Ministero dell’Interno ha deciso di dare una stretta sul controllo delle aree a rischio nelle zone come la stazione di Milano, dove negli ultimi giorni si sono ripetuti atti di violenza. Non crediamo che servirà a molto. Sarà una soluzione provvisoria, efficace finché dura, ma non ci sono i mezzi per farla durare. Il solito fumo negli occhi. A nostro avviso i provvedimenti per affrontare il problema (che pone due aspetti: quello preventivo e quello punitivo) oggi sono dedicati solo a prevenire, dicendo che tanto la legge è quella. Andiamo con ordine. La cosa buona è che ormai chi compie una violenza difficilmente, per non dire quasi mai, la fa franca. Telecamere in primis, archivi informatici e procedure collaudate in tutti i Paesi, scambiate e aggiornate di continuo, creano una morsa intorno a questi aggressori che ci fa pensare che siano incoscienti a delinquere, perché nel 99 per cento dei casi vengono presi. Noi, infatti, anche se non ci frenasse la nostra coscienza onesta, eviteremmo di compiere azioni del genere solo per non andare dritti in galera! Allora perché in tanti lo fanno?

Se dicessimo che lo fanno perché hanno una irrefrenabile natura aggressiva, li aiuteremmo a giustificarsi. Invece lo fanno perché rischiano poco, vengono messi fuori di galera con la stessa facilità di quando vi sono entrati, volta dopo volta. Per applicare il garantismo, infatti, punto cruciale nella giurisdizione delle società moderne, i giudici si trovano ad aiutare di fatto i delinquenti, ignorando completamente i problemi delle vittime, che restano fuori del loro interesse, per rientrarci solo con severità quando qualcuna di esse (raramente) reagisce contro l’aggressore. Per esempio i gioiellieri. È facile applicare fermamente la giustizia con la gente onesta. Queste cose le dicono tutti e i media in genere non fanno che dar voce alle varie lamentele. Come si fa allora a trovare il giusto equilibrio tra garantismo e punizioni appropriate?  Le strade ci sarebbero, se le forze politiche non trovassero anche in questa materia, molto seguita e perciò popolare, il modo di farsi propaganda opponendosi agli avversari a priori, invece di unirsi per il bene comune. Dicono tutti di cambiare le leggi. Pensiamo insieme a come si dovrebbe fare.

Una prima azione potrebbe essere quella di distinguere finalmente fra le diverse specie di reato. Invece, le pene per tutti i reati sono di un solo tipo, quello detentivo, sia per uno che ruba una mela al supermercato sia per uno stupratore seriale. Per esempio un graffitaro non deve andare in galera fra i delinquenti, ma nemmeno essere lasciato impunito a imbrattare il mondo: andrebbe condannato a ripulire (a sue spese) il danno provocato. All’estremo opposto, a un pedofilo non dovrebbero essere concessi i benefici di legge per buona condotta: in prigione sta sicuramente tranquillo, infatti, perché lì i bambini non ci sono… A questi soggetti daremmo la prigione a vita perché pericolosi, salvo se accettassero su loro richiesta la castrazione chimica (pena che non potrebbe essere obbligata, essendo una violenza fisica). In quel caso potrebbero uscire, puniti abbastanza e certi noi che non reitererebbero il reato. Una seconda, quella di limitare il ricorso al patteggiamento a seconda dei casi. Spesso, infatti, il patteggiamento viene concesso anche a chi sa di non avere vie d’uscita e trova così il modo di ottenere, comunque, lo sconto su una pena certa. Praticamente la giustizia si fa prendere in giro.

Una terza, quella di concedere i domiciliari molto di meno e comunque solo dopo aver fatto “assaggiare”, anche per pochi giorni, il carcere a chiunque abbia una condanna penale passata in giudicato. Così, solo per far sapere a chi fa reati cosa rischia. Stare a casa propria, infatti, specialmente per chi ha una buona sistemazione, a volte è quasi una pacca sulle spalle. Non bastano le carceri? Costruirne di nuove sarebbe sicuramente più economico di sanare i danni che fa questa gente alla società. Una quarta, che in realtà già esiste, la condizionale, è pensata male e potrebbe fare la differenza solo se al secondo sgarro la punizione fosse veramente esemplare. Cioè, va stabilita una differenza enorme fra la prima volta e quelle successive, perché chi ha “assaggiato” la galera stavolta sa che non gli conviene tornarci e restarci dentro per molti anni. Uscire ed entrare di continuo? No, grazie. Perché chi entra ed esce non è uno che ha sbagliato, è un delinquente abituale e non merita sconti di pena. Insomma, meno buonismo con la gente che non è buona. E più protezione per le vittime, spesso persone, come la famosa psicologa, che pagano addirittura con la vita la loro dedizione al prossimo. Questo non è giusto e se continuiamo a consentire che succeda, quest’ingiustizia continuerà a essere la nostra.

Aggiornato il 05 maggio 2023 alle ore 12:03