II
POLITICA
II
Mps: dai Tremonti bond alle“Tre croci”di Tozzi
di
DIMITRI BUFFA
iena ai primi del novecento era
una città poverissima. Quasi
miserabile. Così come veniva de-
scritta negli indimenticabili roman-
zi di Federigo Tozzi, autore consi-
derato ingiustamente minore di
quello stesso periodo. Il suo libro
più noto, “Tre croci”, racconta
l’epopea di tre fratelli che cadono
in rovina a causa delle condizioni
economiche generali che li portano
a vendersi tutto e a fare cambiali
fino a falsificarne alcune per otte-
nere maggior credito e poi a mo-
rire in disgrazia. Le tre croci sono
quelle delle rispettive tombe. La
storia di questi tre fratelli, rovinati
da debiti e cambiali, sembra un po’
il paradigma di quello che sta av-
venendo al Montepaschi di Siena
a causa dei derivati giapponesi per
cui sarebbe indagato Giuseppe
Mussari, da l’altro ieri dimissiona-
rio dalla presidenza dell’Abi. Il
Montepaschi ieri aveva il titolo
bancario sospeso in borsa per di-
sperazione. Il tutto dopo avere in-
tascato una seconda rata di Tre-
monti bond da 3,9 miliardi di euro
gentilmente avallata dal governo
tecnico che fa fare sacrifici agli ita-
liani. E presta soldi alle banche che
stanno già fallendo ignorando i re-
troscena, o facendo finta di non
conoscerli, dell’inchiesta per cui
Mussari si è dimesso.
La trama di “Tre croci” nei detta-
gli, presi per comodità dal sito let-
terario
Parodos.it
, è questa:
«I per-
sonaggi centrali, tre fratelli, sono
presentati subito, con il loro tem-
peramento e la loro comune abu-
lia: Niccolò, buongustaio ma pigro,
Giulio, incuriosito da alcuni feno-
meni culturali, ma incapace di ren-
dersene partecipe, Enrico, uomo
bisbetico e sollecito solo delle spese
riguardanti i pasti, tutti e tre malati
di gotta e piuttosto litigiosi, anche
se in forma molto leggera; infatti
alle parole non seguono mai i fatti.
Fin dalle prime pagine sono posti
S
di fronte al fatto che li porterà in
rovina. Nel tentativo di rimediare
ai passivi della loro azienda, una
libreria che il padre ha loro lascia-
to fiorente, hanno falsificato alcune
cambiali, contraffacendo la firma
del cavalier Orazio Nicchioli, as-
sessore comunale, che ha fiducia
in loro, anzi vuole “bene davvero
a tutti e tre i fratelli”. Nicchioli in-
fatti è un uomo alla buona, tutto
preso dall’amore per il suo bam-
bino. In casa con i tre fratelli vivo-
no la moglie di Niccolò, Modesta,
e due giovani nipoti, Chiarina e
Lola. Modesta si rende conto che
qualche cosa non funziona bene,
ma i tre fratelli unendo le loro for-
ze le impongono di non occuparsi
di faccende che non la riguardano:
malgrado “il suo istinto” le dia ra-
gione, lei si sente spaventata, sbi-
gottita, meravigliata, ed è ben lieta
che in poche parole sfumi il pro-
cesso che i tre fratelli sembrano vo-
lerle intentare. Giulio però è molto
preoccupato perchè le firme false
le ha messe lui col consenso dei
fratelli, i quali però, ora che le cose
vanno male, tendono a scindere le
proprie responsabilità dalla sua.
Mentre però Enrico si sottrae a
qualsiasi impegno per cercare un
salvataggio, Niccolò si agita ed è
Giulio il più dolorosamente tran-
quillo: “Ho fatto di tutto... per
mantenerci quel che avevamo avu-
to da nostro padre ... Era destinato
ch’io dovessi finir male, e non me
ne lamento... Nessuno può preten-
dere da me che io non sia come
Dio mi ha messo al mondo. Non
ho mai recato, volontariamente,
male a nessuno. Ho fatto le firme
false, solo perchè la mia firma vera
non avrebbe contato nulla ... Nes-
suno, se sapesse ch’io sono un fal-
sario, mi darebbe la mano. Non
me ne importa più!”. Giulio chiede
così un nuovo prestito al Nicchioli,
ma davanti al suo rifiuto non insi-
ste e il giorno dopo fa una nuova
cambiale falsa: però il Nicchioli ne
viene subito dopo informato e re-
sta sconvolto, sebbene di fronte ai
fratelli e in particolare a Giulio,
che cade in deliquio, non sappia
dire altro che: “Mi aspettavo più
coscienza!”. Il fallimento è immi-
nente e mentre le donne di casa,
informate da Enrico, non rimpro-
verano niente e la gente è malevola
e curiosa, Giulio in un momento
di delirio si uccide, i due fratelli su-
perstiti si dividono. Niccolò tenta
di trovare un lavoro, ma pochi me-
si dopo muore di malattia. Quan-
do Enrico viene a saperlo com-
menta con risentimento: “È morto
prima di me, razza di un cane!... È
morto quel farabutto di mio fra-
tello!”. Enrico vive sulle panchine
dei giardini e nelle grotte. Modesta
cerca di dargli un po’ d’aiuto, in-
vitandolo anche a ritornare alla fe-
de religiosa, ma lui alla fine si ri-
fugia in un ospizio di mendicità, e
qui muore. Lola e Chiarina in que-
sta occasione aprono il loro salva-
danaio e fanno porre sulle tombe
dei tre fratelli tre croci uguali».
A Siena evocare questo roman-
zo e grattarsi gli attributi è tut-
t’uno. Ma come si fà a non pen-
sare anche all’attuale situazione in
cui Montepaschi si è cacciato gra-
zie alle sue avventure politiche di
sinistra, all’ombra della non ac-
cortissima amministrazione comu-
nale di cui Mussari è stato anche
consulente economico (quando era
primo cittadino il diessino Pierluigi
Piccini) prima di venire catapulta-
to alla presidenza della Fondazio-
ne Montepaschi dal sindaco Mau-
rizio Cenni? Con il Pds prima e
con il Pd poi, dall’acquisizione del-
la banca pugliese 121 sponsoriz-
zata da un noto politico di Galli-
poli, a quella della Antonveneta,
pagata quasi il triplo, avventura
di cui tutti ricordiamo la frase
«abbiamo una banca!», il cammi-
no è stato simile a quello dei tre
fratelli sciagurati seppelliti vicino
l’un l’altro. Siena è la città la cui
amministrazione comunale è sem-
pre stata espressione del Monte-
paschi. La cui ricchezza è sempre
promanata dal ventre grasso e ge-
neroso di quella banca. Se ora sal-
ta tutto ci saranno altre tre croci:
quella del Montepaschi, quella del-
la città di Siena e probabilmente
anche quella del Pd, sui colli che
videro le battaglie più sanguinarie
del Medio Evo.
segue dalla prima
Pdl e tradimento
(...) E di tutti quelli, ex An, ex Forza Italia o
nani e ballerine che si voglia, non in grado
di offrire garanzie di tenuta di fronte ai ten-
tativi di frantumazione dello schieramento
che verranno sicuramente effettuati dai cen-
tristi montiani. Si dirà che questo criterio è
quello dell’ortodossia berlusconiana. Il ché
è sicuramente vero. Ma non cancella il fatto
che il criterio scelto ed applicato sia stato un
criterio esclusivamente e squisitamente po-
litico. Quello della difesa ad ogni costo del-
l’unità del Pdl. Questa novità può essere cri-
ticata o esaltata. Ma non può essere ignorata.
Ci sarà nel prossimo Parlamento un partito
di centrodestra più compatto, più blindato,
più ortodosso, più chiuso. Che non si fran-
tumerà facilmente. Ma che che, proprio per
la necessità di continuare a fare quadrato
stando all’opposizione, rischierà di apparire
sempre più distante dalla propria base elet-
torale ed avrà maggiori difficoltà nello svol-
gere un ruolo propulsivo nel dibattito delle
idee. Questo vuoto andrà comunque colma-
to. Di sicuro fuori del Parlamento. Probabil-
mente, a meno che il partito non si apra ef-
fettivamente e non applichi al suo interno il
metodo democratico, fuori dal Pdl.
ARTURO DIACONALE
Lazio e Lombardia
(...) che muove pochissimi voti politicizzati
e si basa soltanto o quasi su un elettorato di
opinione. È un dato questo che dovrebbe far
riflettere Oscar Giannino e i suoi, che invece,
soprattutto in competizioni come questa, fan-
no fatica a trovare il giusto
grip
. Più definita
la situazione nel Lazio dove, dopo lo scan-
dalo Fiorito e le dimissioni di Renata Polve-
rini, si torna al voto con il centrosinistra ab-
bastanza sicuro di portare a casa una solida
maggioranza a La Pisana. Davanti a tutti c’è
Zingaretti che con il 42,9% dei voti stacca
di 12 lunghezze l’ex governatore Francesco
Storace (30,6%). Ad oggi il Lazio non pare
essere una regione contendibile ma occorre
fare due annotazioni non irrilevanti. Primo:
Storace è partito molto più tardi rispetto a
Zingaretti e ha davanti margini di migliora-
mento evidenti. Secondo: per adesso pesano
poco o per nulla le dinamiche nazionali ma
a lungo andare, nelle prossime settimane, è
ragionevole aspettarsi un aumento dell’af-
fluenza, una diminuzione degli indecisi e
quindi percentuali migliori per il centrodestra.
In questi mesi di vuoto sul versante opposto
va comunque riconosciuto al centrosinistra
di aver costruito attorno all’ex presidente
della Provincia una coalizione credibile e un
blocco di consenso che sembra ad oggi gra-
nitico. Sulla non buonissima performance di
Storace influisce anche la presenza della can-
didatura di Giulia Buongiorno (13,2%): co-
me in Lombardia, anche qui, il candidato
centrista rosicchia consenso al centrodestra
e, pur non potendo competere per la leader-
ship, potrebbe finire per decretare la sconfitta
della coalizione berlusconiana. Chiude il lotto
il candidato grillino (Barillari) che con il
9,4% sembra confermare la tendenza per cui
il Movimento 5 Stelle nelle competizioni lo-
cali non riesce ad essere così brillante come
in quelle nazionali. L’incrocio tra Camera,
Senato e Regionali sembra essere il vero fat-
tore di novità di questa tornata elettorale:
nessun sondaggio è in grado oggi di affer-
mare con certezza chi trainerà chi e secondo
quali dinamiche il confronto per la premier-
ship riuscirà ad influire sulle competizioni
amministrative. Per quel che abbiamo potuto
rilevare nei flussi esaminati l’unica certezza
è che Umberto Ambrosoli sembra essere un
profilo capace di attrarre più voti di una
qualsiasi candidatura più strettamente poli-
tica. Per gli altri occorrerà attendere i primi
fuochi d’artificio della campagna elettorale.
Anche il Lazio, che ora appare compromesso,
potrebbe riservare qualche sorpresa.
ANDREA MANCIA
e
SIMONE BRESSAN
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GIOVEDÌ 24 GENNAIO 2013
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