II
POLITICA
II
Imu, le reazioni sono più“shock”della proposta
rande allarme nelle alte sfe-
re del gruppo Espresso-Re-
pubblica. A dicembre ha chiuso
i battenti il mensile
Velvet
, nato
nel 2006 e che vendeva circa
100mila copie, i cui 10 redattori
sono stati ricollocati nel cosid-
detto polo femminile, dove Da-
niela Hamoui resta direttore di
D
. Foliazione ridotta di 50 pa-
gine e tagli redazionali a
XL
,
l’altro periodico gravato di forti
perdite, circa un milione e
400mila euro.
Dodici prepensionamenti, a
partire dal primo febbraio 2013,
all’
Espresso
il settimanale diret-
to da Bruno Manfellotto con
tante prime firme (da Eugenio
Scalfari a Roberto Saviano, da
Massimo Cacciari al cardinale
Ravasi, da Marco Travaglio a
Massimo Riva) ma che vede così
ridotta pesantemente la redazio-
ne composto da una cinquanti-
na di giornalisti. Stato di crisi
(
ex lege
416 sull’editoria) che
prevede esuberi a partire dal pri-
mo gennaio 2013 per
Agl
,
l’agenzia per il web e le testate
locali diventata testata dopo il
pensionamento del direttore
Mauro Bene e la sostituzione
con Andrea Jannuzzi che ha su-
scitato forti perplessità.
Sabato 27 ottobre prima gior-
nata di sciopero contro il piano
di ristrutturazione, il ridimensio-
G
namento degli organici, il taglio
dei contratti a termine e l’assenza
di un piano di rilancio.
La giornata di silenzio di do-
menica 28 ottobre da parte di
tutti i giornalisti del gruppo (car-
ta, web, radio, tv, settimanali a
partire dall’Espresso) ha eviden-
ziato un profondo malcontento
per decisioni che sembravano
voler scaricare sui giornalisti, os-
servò l’Asr romana: «Un impas-
se frutto della mancanza di stra-
tegie di sviluppo e marketing.
Troppo facile tagliare posti di la-
voro per distribuire dividendi
agli azionisti e incassare bonus
di decine di migliaia di euro. I
giornalisti hanno già dato negli
anni scorsi. Ora il management
del gruppo dimostri di meritare
le laute retribuzioni che percepi-
sce e l’ing. De Benedetti faccia
vedere che è bravo anche ad in-
ventare strategie industriali e
non solo a licenziare».
La chiamata in causa del pre-
sidente da parte di esponenti di
sinistra del sindacato e della so-
cietà civile rappresentò una scos-
sa alla credibilità dell’imprendi-
tore che il 4 novembre in tv da
Fabio Fazio dichiarò di votare
alle primarie per Bersani critican-
do Sergio Marchionne per i li-
cenziamenti dei 19 operai della
Fiat di Somigliano d’Arco. Anche
il gruppo Repubblica-L’Espresso,
invece, di fronte alla crisi stava
licenziando e tagliando organici.
Per i comitati di redazione del
coordinamento Espresso-Repub-
blica, Finegil, Agl, Elemedia
nell’operazione di ristrutturazio-
ne ci sono alcune contraddizioni.
La prima: a fronte dei tagli e pre-
pensionamenti c’è il dato dell’uti-
le di bilancio dei primi 9 mesi del
2012 di 26, 4 milioni di euro. La
seconda riguarda le affermazioni
di De Benedetti: «La priorità che
abbiamo davanti è la creazione
di lavoro. Sarebbero guai se pen-
sassimo che competitività e pro-
duzione si difendono con un’ana-
cronistica riduzione dei costi».
Sia consequenziale allora, hanno
osservato i sindacati.
De Benedetti e l’amministra-
tore delegato Monica Mondar-
dini devono fare i conti anche
con il giudizio negativo delle
agenzie di rating e poi ad inizio
2013 con la valutazione degli
analisti di Mediobanca. Piazzetta
Cuccia vede nero sul futuro del
gruppo e attende maggiore chia-
rezza dalla presentazione dei
conti di fine febbraio.
Pesano i cali della raccolta
pubblicitaria (-19%) e delle ven-
dite (-11%). La tempesta che si
è abbattuta sull’editoria non ha
insomma risparmiato il gruppo
De Benedetti.
SERGIO MENICUCCI
Mediobanca vede“rosso”
sul Gruppo De Benedetti
Mussari muto
(per ora) dai pm
ex presidente di Mps Giusep-
pe Mussari ha manifestato
«la propria intenzione di rispon-
dere a tutte le domande che gli ver-
ranno poste» in un prossimo in-
terrogatorio, ma non ieri. Lo ha
riferito il suo avvocato Fabio Pi-
sillo, precisando che la richiesta di
rinvio dell’interrogatorio previsto
proprio ieri alle 15 è stata avanza-
ta in considerazione dell’impossi-
bilità dell’altro difensore di Mus-
sari, Tullio Padovani, di essere
presente all’interrogatorio. Dopo
circa 20 minuti, lo stesso Mussari
ha lasciato la procura di Siena,
senza rilasciare dichiarazioni ai
cronisti. I pm dovranno ora fissare
una nuova data per l’invito a com-
parire di Mussari. Intanto a Roma,
Antonio Rizzo, considerato il su-
pertestimone dell’inchiesta Mps,
secondo “fonti investigative” delle
L’
agenzie di stampa, è stato ascoltato
dal Nucleo valutario della Guardia
di Finanza a Roma. Si tratta del-
l’ex funzionario della Dresdner
Bank, che per primo ha accusato
l’ex direttore dell’area finanza di
Mps, Gianluca Baldassarri, e il re-
sponsabile della filiale di Londra,
Matteo Pontone, di aver fatto par-
te della “banda del 5%”, ovvero
di aver realizzato una “cresta” su-
gli affari gestiti da Mps.
Secondo indiscrezioni, Rizzo
sarebbe in possesso di registrazioni
di conversazioni che proverebbero
l’esistenza della “banda del 5%”
all’interno di Mps. Rizzo sarebbe
intenzionato a consegnare i nastri
delle conversazioni alla Gdf in mo-
do da contribuire alle indagini por-
tate avanti dalla Procura di Siena
nell’ambito dell’inchiesta sull’ac-
quisizione di Antonveneta.
di
FEDERICO PUNZI
alle reazioni scomposte,
“shockate” e talvolta “shoc-
kanti”, dei suoi avversari, si di-
rebbe proprio che con la sua pro-
posta-shock Berlusconi abbia di
nuovo colpito nel segno.
Anziché cercare di depoten-
ziarla e sminuirla, Monti, Bersani
e gran parte della stampa sono
riusciti a dare l’impressione che
Berlusconi stia promettendo agli
italiani mari e monti. E ci sono
riusciti proprio con la gravità del-
le loro accuse.
Avrà mica promesso la luna!
La tanto contestata proposta-
shock è una goccia, la «classica
punta dell’iceberg», la definisce
Luca Ricolfi.
Bollando come non fattibile e
irresponsabile una proposta che
richiede una copertura di 4 mi-
liardi di euro l’anno e di altri 4
una tantum, i suoi avversari stan-
no da una parte ingigantendo ol-
tre misura la portata di ciò che
Berlusconi promette agli italiani
e allo stesso tempo silurando la
credibilità delle loro stesse pro-
poste, dal momento che anche
Monti promette riduzioni di im-
poste di svariate decine di miliar-
di e Bersani niente meno di «dare
lavoro».
Attenzione anche ad accusare
Berlusconi di non aver mai man-
tenuto le sue promesse.
Perché se gli italiani ricordano
bene che non è riucito ad abbas-
sare le tasse, e più in generale a
D
mantenere le promesse di cambia-
mento, ricordano anche, però, co-
sa hanno fatto gli altri e ricorda-
no soprattutto che tra le poche
che il Cav ha mantenuto c’è pro-
prio la promessa di abolire la tas-
sa sulla prima casa. Quella cosa
lì – forse l’unica che ricordano –
l’ha fatta per davvero, e le pro-
poste sull’Imu richiamano alla
memoria politica degli italiani
una promessa mantenuta da Ber-
lusconi.
Premesso che il problema
principale della proposta-shock
non è la sua fattibilità, né la sua
utilità, ma resta la credibilità per-
sonale di chi la fa, e che può es-
sere demagogica quanto si vuole
ma suggerisce agli italiani un rap-
porto tra Stato e cittadini “da so-
gno”, come spesso accade sono
le reazioni, più che la proposta in
sé, a favorire Berlusconi.
I suoi avversari – soprattutto
Monti – si fanno schiacciare su
posizioni minacciose e cupe (an-
che lievemente ricattatorie le pa-
role del professore).
Né dev’essere sfuggito agli ita-
liani che da quando è iniziata la
campagna elettorale, dopo aver
dato a Berlusconi dell’irrespon-
sabile e del populista, i suoi av-
versari si sono messi ad inseguirlo
proprio sul terreno dell’Imu e del-
la riduzione delle tasse, avanzan-
do proposte non così dissimili
quanto a fattibilità e onerosità fi-
nanziaria.
Chiamare in causa il «voto di
scambio», o addirittura un «ten-
tativo di corruzione», non solo è
fuori luogo, esagerato, ma anche
intellettualmente disonesto e au-
tolesionista.
Le promesse elettorali possono
essere più o meno serie ma tali
sono.
Altrimenti, bisognerebbe per
coerenza concludere che anche
promettere sussidi di disoccupa-
zione, assunzioni dei precari nel
pubblico impiego, incentivi a que-
sto o a quel settore produttivo, o
promettere di «dare lavoro», se-
condo il lessico paternalistico
usato da Bersani, costituiscono
voto di scambio o tentativi di cor-
ruzione. E impegnarsi a ridurre
«gradualmente» le tasse, non è
forse un tentativo di “graduale”
corruzione? Insomma, così tutto
può diventare voto di scambio.
Più inquietante è la concezione
del rapporto tra Stato e cittadini
che quest’accusa rivela.
Restituire l’importo versato
per l’Imu, infatti, sarebbe ben di-
verso dal distribuire soldi (o “di-
ritti”) a pioggia per comprare il
voto degli elettori.
Si tratta di restituire a ciascun
contribuente la stessa somma di
denaro che fino ad un anno pri-
ma gli apparteneva, che fino a
prova contraria si era guadagnato
onestamente, e non di gratificarlo
con denari non suoi o privilegi
non goduti prima.
C’è una bella differenza, in-
somma, in termini sia logici che
economici, tra il retrocedere quo-
te di tassazione ai contribuenti e
la cosiddetta redistribuzione che
tanto piace a sinistra, questa sì,
sarebbe più appropriato parago-
narla al voto di scambio.
Non bisogna mai dimenticare
che una regola base delle campa-
gne elettorali in qualsiasi demo-
crazia è saper trasmettere un mes-
saggio positivo, una prospettiva
di speranza, non cupa, saper rac-
contare una storia di riscatto.
Chiamatelo sogno, o futuro,
ma impegni e promesse ci voglio-
no. E il fatto che Berlusconi non
abbia mantenuto le sue, e non sia
più credibile, non rende meno va-
lida questa regola, non esenta i
suoi avversari dal rispettarla.
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 5 FEBBRAIO 2013
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