II
SOCIETÀ
II
L’artista imprenditore e la libertà del commercio
di
SANDY IKEDA
ll’inizio del 1500 Albrecht Du-
rer (nella foto) fu forse il più
famoso artista dell’Europa del
nord. Un recente articolo dell’
Eco-
nomist
riporta che egli era anche
un uomo d’affari decisamente sve-
glio. Nel mondo di oggi degli ar-
tisti popolari – da Steven Spielberg
a Lady Gaga – l’unione di business
e intrattenimento, se per qualcuno
è deplorevole, è tuttavia comune-
mente accettata. Ma molti pensano
ancora che i veri artisti e gli uomi-
ni d’affari in cerca di profitto pro-
vengano da posti radicalmente di-
versi. Storicamente parlando,
tuttavia, casi come quello di Durer
sembrano essere stati piuttosto nu-
merosi. Tyler Cowen spiega nel suo
libro
In lode della cultura popola-
re
, per esempio, che gli artisti della
Firenze rinascimentale erano uo-
mini d’affari. Michelangelo e Raf-
faello scolpirono e dipinsero capo-
lavori eterni per prelati e principi,
ma ognuno di essi ebbe un occhio
di riguardo per i profitti.
Questi artisti imprenditori non
sono stati un qualche scherzo del-
la storia. Anche la comparsa nel
medesimo istante nella cultura oc-
cidentale dell’artista e del mercan-
te non fu casuale. Prima del ritor-
no dell’urbanizzazione e del
commercio, l’artista come lo pen-
siamo noi oggi non esisteva. Ciò
che ha trasformato artigiani e
mercanti in artisti sono state le
stesse cause e condizioni che han-
no dato origine agli uomini d’af-
fari indipendenti. Senza di loro
non ci sarebbero stati gli artisti.
La fine del Medioevo
e l’inizio dell’Artista
Durante il Medioevo qualcuno
con notevole talento artistico pro-
babilmente sarebbe rimasto scono-
sciuto nella predominante Europa
rurale – troppa aratura e mietitura
da fare. I pochi fortunati a godere
di fama lo fecero perché avevano
decorato un a cattedrale o un ca-
stello. Quelli più fortunati, con re-
lazioni sociali ottime oltre alle loro
abilità, dovettero essere legati a pa-
troni nella chiesa o nel la nobiltà.
Ma in un mondo dove la povertà
era la regola, la domanda globale
per arte fine era veramente bassa e
i patroni difficili da trovare. In tale
mondo l’artigiano faceva ciò che
gli era detto e null’altro. La fine del
Medioevo avvenne lentamente, co-
minciando dall’Europa del Sud nel
secolo XI e dilagò verso Nord nei
successivi cento anni. La città, che
era decisamente scomparsa dall’Eu-
ropa, tornò per diventare il fonda-
mento della rivoluzione industriale.
Specialmente nelle città costiere ita-
liane, i mercanti divennero grandi
attori non solo nel commercio ma
altrettanto bene nella politica e nel-
la società. La classe mercantile, o
borghese, che doveva sapere leggere
i contratti e fare i calcoli di costi e
guadagni, aumentò la domanda e
sostenne la fornitura di una mag-
giore diffusione di sapere letterario
e matematico (Henry Pirenne è
un’ottima fonte per queste storie).
La ricerca di profitto i spinse i
mercanti in giro per tutto il mondo
conosciuto, espandendo non solo
la varietà dei prodotti importati
verso l’Occidente, ma altrettanto
importante, anche ampliando il pa-
A
norama dei gusti dei consumatori
nei centri urbani in espansione. I
ricchi mercanti (così come uomini
di Chiesa e principi) cominciarono
a domandare una più elaborata di-
versità di beni. Appena lo standard
di vita dei comuni cittadini risalì e
i loro talenti lungamente intorpiditi
si risvegliarono, le persone comin-
ciarono a preferire il profano al sa-
cro, o almeno a dare un maggior
valore a lle loro esperienze e crea-
zioni nel mondo.
Commercio e artista
L’artista come noi lo pensiamo
oggi – creativo, fieramente indipen-
dente, lunatico – sarebbe potuto
non sopravvivere nel mondo statico
dominato da Papi e principi. Ma la
ricchezza in espansione dei mercan-
ti e il crescente gusto per le storie
resero possibile a sempre più per-
sone di scoprire nuove idee e tro-
vare nuovi sbocchi dove esprimersi.
Da un lato, l’espansione commer-
ciale diminuì il costo delle novità.
Per esempio, schizzi in carta più
economica permisero ai pittori di
provare le loro idee prima di impe-
gnarle nella pietra o nel gesso; le
pitture a olio, come la gomma per
la matita, permisero ai pittori di co-
prirei loro errori e riprovare; infine
l’invenzione della contabi lità a par-
tita doppia permise ai Michelangelo
del Rinascimento di tenere una con-
tabilità dettagliata della condizione
finanziaria del suo laboratorio ar-
tistico. Da ll’altro lato, avere fonti
di clienti oltre a Chiesa e nobiltà
implicava che perdere un patrone
non significava necessariamente la
rovina finanziaria dell’artista. Con
la ricchezza che aumentava e veniva
da i commerci in espansione, un
numero crescente di persone pot é
permettersi di comprare oggetti
d’arte per decorare le loro case e le
sale usate nei loro commerci. Con
le nuove idee e tematiche presenti
in quell’ambiente, l’artista poteva
avere maggior fortuna nel soddi-
sfare i sempre più abbondanti gusti
dei mercanti (con eventualmente
principi e anche forse vescovi).
La diversificazione nel lato della
domanda potrebbe avere diminuito
il rischio della sperimentazione,
consegnando così agli artisti una li-
bertà di creazione fino ad allora
sconosciuta nella storia umana. La
classe dinamica dei mercanti diede
i natali alla libertà artistica un mi-
gliaio di anni fa e oggi il commercio
continua a aprire nuove opportu-
nità per espressioni creative di ar-
tisti promettenti – da Youtube agli
eBooks, ai nuovi mezzi di comuni-
cazione. Arte e affari, assieme a
molto di quello che noi oggi iden-
tifichiamo come cultura, sono frutti
della libertà economica.
Traduzione di Alessandro Puzielli
dal sito del Ludwig von Mises Italia
La comparsa
nel medesimo istante
nella cultura occidentale
dell’artista
e del mercante
non fu casuale.
Prima del ritorno
dell’urbanizzazione
e del commercio,
l’artista come
lo pensiamo noi oggi
non esisteva.
Ciò che ha trasformato
artigiani e mercanti
in artisti sono state
le stesse cause
e condizioni che hanno
dato origine agli uomini
d’affari indipendenti.
Senza di loro
non ci sarebbero
stati gli artisti.
La ricerca di profitto
spinse i mercanti
in giro per tutto
il mondo conosciuto,
espandendo
non solo la varietà
dei prodotti importati,
ma anche ampliando
il panorama dei gusti
dei consumatori
nei centri urbani
in espansione.
Appena lo standard
di vita risalì e i talenti
lungamente intorpiditi
si risvegliarono,
le persone cominciarono
a preferire il profano
al sacro, dando
un maggior valore
alle loro creazioni
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 5 FEBBRAIO 2013
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